GROSSETO – «L’ultimo rapporto Irpet sulla situazione economica e sociale della Toscana, fra le molte cose mette in evidenza che la crisi ha colpito esclusivamente i redditi da lavoro (non quelli finanziari). In particolare dei contribuenti che svolgono un’attività autonoma e/o imprenditoriale e questo viene aggravato ulteriormente da un costo della vita che continua a salire». A parlare così è Claudio Renzetti, segretario della Cgil di Grosseto che analizza i dati del rapporto Irpet.
«La Cgil grossetana, che conosce bene la struttura produttiva della nostra provincia, è molto consapevole delle difficoltà in cui versa il lavoro autonomo e infatti da circa tre anni ha messo in campo uno specifico progetto del Nidil-Cgil (nuove identità del lavoro). La struttura di categoria che si occupa di partite Iva, Co.co.co, contratti a progetto e di ogni tipologia contrattuale che per definizione è precaria. Sapendo che sono i giovani a scontare gli effetti più drammatici della crisi, e che proprio fra giovani professionisti e piccoli imprenditori si registrano le condizioni di lavoro più difficili. Con l’anomalia di molte situazioni che non sono lavoro autonomo vero e proprio, ma subordinato e parasubordinato. Lo avevamo già denunciato un paio di mesi fa, citando nell’indifferenza quasi totale i dati dell’Osservatorio nazionale dei consulenti del lavoro, secondo i quali la provincia di Grosseto è la prima in Italia per “contratti non standard”: il 54% del totale».
«La nostra attenzione a questo mondo frammentato e in grande difficoltà, peraltro, non è né recente né episodica. Come dimostrano i contenuti della ‘Carta dei diritti universali del lavoro’, con la quale abbiamo proposto al Parlamento una riforma organica, che per la prima volta garantirebbe ai lavoratori autonomi gli stessi diritti di quelli dipendenti, a partire dalla tutela di malattia e maternità».
«Sempre secondo il rapporto Irpet – aggiunge Renzetti – tra il 2007 e il 2014 complessivamente il reddito lordo dei contribuenti in Toscana è diminuito in termini reali del 3%. Il segno meno accomuna i lavoratori dipendenti (‐1%) e, soprattutto, i contribuenti autonomi che esercitano arti e professioni (‐16%), attività di impresa (‐24%) e di socio in società di partecipazione (‐27%). Ma c’è di più; la crisi ha indebolito il mercato del lavoro, accentuando la frattura generazionale».
«Allo stesso tempo la distanza fra contribuenti poveri e ricchi è aumentata, nonostante che i contribuenti più poveri siano diventati ancora più poveri e, analogamente, i contribuenti più ricchi lo siano diventati meno. Perché l’impoverimento dei poveri è stato più intenso di quello dei più ricchi».
«Altro effetto della crisi. Ad essere colpiti maggiormente sono stati i territori della Toscana meno sviluppati. Con l’area centrale, caratterizzata da molto manifatturiero e lavoro dipendente più stabile, che ha dimostrato una maggiore capacità di resilienza, scaricando i costi della recessione su una compressione salariale di quelli rimasti dentro il mercato del lavoro. Viceversa nella costa e al sud (meno nelle aree interne per la alta incidenza di popolazione anziana e quindi pensionata che in tante famiglie in difficoltà sta svolgendo un vero e proprio ruolo di ammortizzatore sociale) la recessione ha colpito più duramente il lavoro, riducendolo non solo in termini di ore, ma anche di teste. Anche per effetto di queste dinamiche, l’area centrale della Toscana ha in questi anni continuato ad attrarre popolazione mentre il resto della regione l’ha persa».
«Detto questo – conclude il segretario della Cgil – noi stiamo provando a fare la nostra parte e parallelamente al lavoro dipendente, intensificheremo gli sforzi per rappresentare al meglio i lavoratori autonomi erogandogli anche servizi; da subito possiamo fornire loro il modello unico e per particolari profili più atipici precari e sottopagati anche la tenuta della contabilità. Le cose vanno male e lo sappiamo, non dobbiamo commiserarci e non bastano le analisi; serve una reazione lucida e razionale, con ogni attore che deve fare al meglio quel che gli compete, provando ad andare oltre. Al netto di alcune eccezioni, rispetto al contributo importante che deve venire dalla politica istituzionale locale siamo ancora in attesa non dico di risposte, ma anche solo di una presa di coscienza dei problemi. Ad esempio, se si smettesse di utilizzare il pretesto della presenza in provincia di 800 richiedenti asilo e protezione umanitaria, per non parlare dei problemi reali di questa terra e di come si può dare un contributo concreto per risolverli, forse faremmo finalmente un passo nella giusta direzione. Attendiamo fiduciosi».