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L’idea di laicità si declina in tanti modi. Semplificando: chiamare le cose col loro nome. E allora bisogna dire senza remore conformiste che la campagna di aggressione politica a richiedenti asilo e protezione internazionale è viziata da razzismo e ipocrisia. È una semplice presa d’atto.
«Aiutarli a casa loro», «limitare gl’ingressi», «rimpatriare chi non ha i requisiti» e via sproloquiando sono solo parole d’ordine disconnesse dalla realtà. Tenendo presenti le condizioni di Libia, Africa subsahariana, Corno d’Africa o Medio Oriente, in questo momento non è possibile rimandare indietro nessuno di quelli che riescono ad arrivare. L’unica alternativa realistica sarebbe lasciare affogare le persone nel Mediterraneo. Sparare sui gommoni. Oppure occupare militarmente le coste libiche, e poi, forse, l’Egitto, la Tunisia……Quindi abiurare i principi sui quali si regge una moderna Democrazia.
Patetico esercitarsi in modo astratto sulla strategia internazionale per governare un fenomeno epocale che non è iniziato oggi né finirà domani. Più realistico guardare a quel che succede in casa nostra, per capire il tipo di contributo che un territorio come la Maremma può dare alla gestione ordinaria di un problema serio, che ha un impatto reale. E che quindi non va né negato, né sottovalutato.
Naturalmente tenendo fermi almeno un paio di principi. Abbiamo una responsabilità che ci deriva dall’esser parte di una comunità nazionale. Nelle difficoltà, a fare la differenza è l’orgoglio di voler trovare soluzioni credibili. Invece di arrendersi facendo i ‘celoduristi’.
Numeri non chiacchiere. In tutta la Toscana i richiedenti asilo e protezione umanitaria sono 13.600 persone su una popolazione di 3 milioni e 700.000. In provincia di Grosseto sono 800 persone su 223.000 residenti. Semplicemente ridicolo, quindi, parlare di invasione. Laicamente parlando: ri-di-co-lo. Che la galassia fascistoide strepiti pure, si dedichino a marcette, rondette e altre memorabilia littorie. Le persone normali, di qualunque orientamento politico, usino invece la testa. Che si depotenziano le tensioni sociali.
Il problema vero in questo momento è un altro. Solo 2.600 Comuni italiani su 8.000 stanno accogliendo i richiedenti asilo o protezione umanitaria. In Toscana, dove siamo più civili della media [diciamocelo], 246 Comuni si fanno carico del problema, e 40 fanno lo ‘gnorri’. Infine, in provincia di Grosseto, solo 16 comuni su 28 fanno la loro parte, ospitando complessivamente 797 persone: 697 uomini, 78 donne, 22 minori non accompagnati [con 6 nuclei familiari]. Dodici, quindi, i Comuni disertori che finora hanno accampato scuse più o meno verosimili per non ospitare migranti. Con vette ineguagliate d’ipocrisia come nel caso di viplandia – Capalbio city – dove nel recente passato si è assistito a una pantomima invereconda, con arrampicata sugli specchi per giustificare il rifiuto di 40 migranti.
Quello che nella nostra realtà sorprende, tuttavia, è il fatto che nessun Comune aderisca al sistema Sprar [Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati], che consente non solo di programmare e concordare gli arrivi, ma anche di contenere la presenza dei migranti entro la soglia del 4,5 per1000 della popolazione residente. Una procedura che mette a sistema la strategia perseguita sin dall’inizio dalla Regione Toscana: piccoli gruppi su più strutture, evitando le grosse concentrazioni.
Il mancato massiccio ricorso allo Sprar, peraltro, obbliga la Prefettura a ricorrere a bandi per individuare i Cas [centri di accoglienza straordinari], senza interpellare i Comuni e scegliendo direttamente i gestori. Ai quali è demandato il ‘lavoro sporco’ di trovare le strutture sul territorio. Proprio in questi giorni, in previsione della nuova ondata di arrivi, dal palazzo di Governo è arrivata la notizia che a breve ci sarà un bando per individuare nuovi Cas. Preferibilmente, e meno male, nei Comuni dove non ce ne sono. A seguire gridolini isterici e strepiti dei soliti noti.
Anche ai più sprovveduti appare lapalissiano come i sindaci siano tra l’incudine di un problema reale, per quanto sovra rappresentato, e il martello di un’opinione pubblica distratta ma allarmata dai ‘ministri della paura’ che proliferano nella provincia profonda [cit. Antonio Albanese]. E che neghittosi – per necessità? Codardia? Incapacità? – nicchiano finché possono e poi si barcamenano tra la gestione del quotidiano e le dichiarazioni simil-maschie.
È vero altresì che oggi fare il sindaco in Italia, come si direbbe in francese, è un travail de merde [lavoro ingrato]. Cionondimeno, poiché quasi nessuno lo fa su prescrizione medica, sarebbe il caso si affrontasse il problema con razionalità. Perché ad assecondare la pancia dell’opinione pubblica si finisce comunque per esser travolti, tanto più quando non si è oggettivamente in grado di dar seguito agli slogan.
Per questo prima decollerà in ogni Comune lo Sprar, meglio sarà. Consapevoli del fatto che anche questo non risolverà tutti i problemi sul tavolo. Visto che il deficit principale non sta nell’accoglienza, ma nel modo in cui troppo spesso – con poche lodevoli eccezioni – non viene gestita l’integrazione reale di richiedenti asilo e protezione nelle nostre comunità. La proposta fatta da Milena Gabbanelli [Report] di un sistema di accoglienza/integrazione con una forte governance pubblica che guarda alle esperienze del nord Europa, è da questo punto di vista l’unica strada ragionevolmente percorribile.
In assenza di un colpo di reni, all’insegna di un po’ di sano orgoglio, il rischio è che qualche scienziato della politica locale pensi magari di mettere tutti i richiedenti asilo dentro a una ‘bella’ struttura circondata dal filo spinato. Lontano dagli occhi. Magari nell’ex campo di internamento di Roccatederighi, dove tra il novembre 1943 e il giugno del 1944 i fascisti grossetani rinchiusero 80 ebrei, 38 dei quali furono spediti nei campi di concentramento tedeschi. Non si sa mai.