GROSSETO – Di momenti intensi legati al Grifone, non necessariamente e sempre piacevoli, Simone Ceri deve averne passati tanti. Basta vedere come ne parla, del suo Grifone, seduto accanto allo zio Mario, davanti a trecento persone. Ecco, chissà se anche solo una manciata di anni fa lo avrebbe mai pensato, di trovarsi dall’altra parte. “Il Grifone è vostro, il Grifone è dei tifosi”, è una frase che ripete di continuo. Qualcuno dovrebbe dirgli che il Grifone quindi è suo, perché anche lui è un tifoso. Qualcuno dovrebbe dirgli che il Grifone sta diventando suo davvero, perché oltre a esserne un tifoso ne diventerà presto anche il padrone. I padroni, anzi, perché come si diceva accanto a Simone c’è anche Mario. Parla poco, Mario, chissà se sempre quella manciata di anni fa Simone avrebbe pensato che sarebbe diventato anche l’oratore della società. Mario parla poco ma si vede che la voce di Simone è anche quella di Mario e che la famiglia Ceri marcerà compatta per arrivare fin dove potrà, senza rischiare di precipitare. Dove? Non importa. Basta che sotto ci siano fondamentale solide.
Nell’investitura ufficiale all’Hotel Airone, che di fatto apre un’altra pagina di storia nel Grifone, più che come un vecchio capo ultras Ceri parla da navigato capitano d’industria. “Preferirei avere ancora tra le mani il megafono – spiega – invece con il microfono non mi trovo così bene”. E’ un po’ una balla, in realtà, perché parlando spiega esattamente tutto quello che c’è da spiegare raccogliendo non una maggioranza risicata, non una maggioranza assoluta e nemmeno bulgara, ma un autentico plebiscito dai trecento biancorossi di ogni età che affollano la sala conferenza di via Senese. Servirà, questo plebiscito, servirà alla prima sconfitta – perché ne arriveranno – o al primo errore – perché tutti sbagliano – in caso qualcuno dimenticasse il punto di partenza.
Il punto di partenza è che “ìl Roselle è pronto a mettersi a disposizione affinché il Grifone non si fermi”. Traduzione: o i Ceri, o niente. Non ci sono polemiche con gli altri, o battaglie vinte: “Se Mansi voleva prendere il Grosseto poteva farlo, nessuno glielo avrebbe impedito”. Solo una quasi glaciale analisi dei fatti. “Per noi è un passo importante e tutt’altro che facile – affermano i Ceri – abbandonare una creatura creata da zero. Per questo se a qualcuno non sta bene ciò che noi siamo disposti a offrire facciamo tranquillamente un passo indietro. Perché per noi questa sfida è tanto entusiasmante con il cuore quanto complicata con la testa”. “Grosseto negli ultimi quarant’anni ha fatto sempre i dilettanti eccezion fatta per Camilli e c’è un motivo – incalza Ceri – il calcio è fatto o di ricchi sfondati e di delinquenti. I passionali sono pochi, noi avevamo un ricco sfondato passionale e non siamo stati capaci di tenercelo. Peccato. Il nostro progetto è diverso e sono i tifosi che devono dirci se va bene. Il calcio qui deve crescere, perché non abbiamo senso di appartenenza. Ecco, affezionarsi deve essere è la nostra prima vittoria, ma è una vittoria da ottenere lavorando tutti insieme, credendo in ciò che questi due imbecilli mettono a disposizione”.
L’umiltà che i Ceri mettono in campo è un definitivo e completo cambio delle regole rispetto all’era Camilli e alla parentesi Pincione: “C’era chi non aveva bisogno di nessuno, noi invece abbiamo bisogno di tutti, perché non abbiamo montagne di soldi. Per questo il nostro progetto parte dal basso, dalle fondamenta, dal coinvolgere i bambini che devono affezionarsi al calcio. A sei anni io vedevo i più grandicelli andare alla partita, mi incuriosivo e aspettavo il momento in cui sarebbe toccato a me. Dobbiamo tornare a questo, tutti devono metterci un mattoncino perché il nostro è un progetto umile senza voli pindarici”.
Umile, senza voli pindarici, ma con le idee chiare. “Passione intanto – ribadisce Simone – poi strutture, perché il centro sportivo che costruiamo sarà del Grosseto, non dei Ceri, o di chi comprerà il Grosseto che rispetto al passato non troverà una scatola vuota. Poi il settore giovanile, che è più bello della prima squadra perché non girano i soldi e si gioca per la maglia. E siccome qui di soldi ce ne sono giusto due, dobbiamo creare qualcosa che produca giocatori. Quando vedremo i frutti? Magari tra cinque anni o otto. Non certo domani. E poi i conti, sempre in ordine. Se si fa il passo più lungo della gamba di sparisce. Dobbiamo tornare a passare le estate non a pensare se si giocherà o meno, ma a chi si prende, dove si va in ritiro e agli abbonamenti. Perché se una squadra fallisce i tifosi restano e restano tifosi del nulla. Il calcio è dei tifosi”.
Sudore, sacrificio e umiltà. Simone e Mario lo ripetono ancora, e stavolta è Mario a prendere la parola: “Non abbiamo la possibilità di fare investimenti che non ci possiamo permettere. Non affosseremo la nostra azienda, perché è un’azienda conosciuta e stimata da tutti che dà lavoro a 250 famiglie a Grosseto. Non faremo correre rischi a queste famiglie. Daremo il cuore, ma faremo quello che saremo in grado di fare. Facciamo l’Eccellenza, che conosciamo, la facciamo per vincerla e andare in Serie D anziché fare un campionato di sofferenza per salvarci”.
Sarà Eccellenza, quindi. “Eccellenza o Serie D non cambia nulla – spiega Simone – Torino-Grosseto cambia, cambia eccome, ma noi il Torino forse non lo vedremo più, bisogna metterselo in testa. Noi vogliamo dare una vita duratura al Grifone, non ammazzarlo. Costruiremo una squadra buona per vincere e andare di sopra. Cosa succederà poi? Non lo posso dire. Dipende da cosa riusciremo insieme a Grosseto a mettere in campo. Non prometto né la Serie B, né la Serie C. Perché non dico bugie. Dico invece che siamo piccoli, che c’è bisogno dell’aiuto di tutti, che vogliamo allargarci al maggior numero di società della provincia che vorranno collaborare con noi”. E il Comune? “Il Comune ci ha garantito vicinanza – rispondono i Ceri – ma un ente pubblico non può dare soldi pubblici. Speriamo di vedere questa vicinanza. Voglio una società in cui l’assessore allo sport faccia parte del consiglio, assieme a un responsabile dei tifosi. Tutti devono vedere cosa si fa nel Grosseto, tutti mi devono poter fermare se sto sbagliando. Non saremo una società ricca, ma saremo una società credibile. Chi verrà a Grosseto saprà che prenderà i suoi soldi e in un calcio in cui tanti non pagano non è poco. Saremo una squadra rispettabile e una società rispettabile”.
Due nodi da sciogliere: l’Fc Grosseto e il marchio sulle maglie. “Entro il 26 giugno va completata la procedura di cambio nome al Roselle affinché diventi Grosseto. Noi venerdì saremo a Firenze per avere ulteriori chiarimenti in Federazione. Se l’Fc Grosseto risolverà le proprie questioni e si iscriverà al campionato potrebbe essere un problema, vedremo. Per il marchio, come ha già detto Camilli, credo che andrà tutto bene”.
Il rapporto coi tifosi, inutile dirlo, sarà fondamentale: “Ci aspettiamo affetto, presenze allo stadio e una critica costruttiva. Perché sbaglieremo, ma lo faremo in buona fede e cercando di fare il bene del Grosseto. Sappiamo di avere sulle spalle una grossa responsabilità, che vogliamo condividere con tutti voi”. Con un appello: “Siamo talmente pochi che stare uniti è una necessità, non una possibilità”.