GROSSETO – La stagione di fiele e miele del calcio maremmano si sta avvicinando a grandi balzi al bivio fondamentale, almeno per la città di Grosseto.
Nella bocca di chi è appassionato di pallone il dolce per la promozione del Gavorrano in Lega Pro, storica perché non era mai successo (Seconda Divisione sì, Serie C unica mai) e perché è soltanto una categoria più in basso del massimo risultato raggiunto dalla provincia di Grosseto (la B con Camilli), e l’amaro per l’infausto cammino dell’Fc Grosseto, che ha regalato allo Zecchini pagine nerissime.
Se nel nord della provincia si fa festa, all’ombra di Canapone tanti tifosi si sono già espressi: «Il miracolo del Gavorrano? Noi dobbiamo pensare alla nostra squadra, il Grosseto, degli altri non ci interessa nulla». Immaginando l’Fc Grosseto fuori dai giochi, possibile ma non scontato perché se Pincione dovesse trovare un altro stadio in zona se ne vedranno delle belle, il bivio biancorosso propone due strade. Non è un segreto che il Gavorrano di Luigi Mansi e il Roselle di Simone Ceri rappresentino per motivi diversi ghiotte opportunità per un’amministrazione ansiosa di restituire un po’ di entusiasmo allo sport cittadino.
Dopo settimane di sussurrati silenzi la miccia l’ha accesa proprio l’ingegnere, che dopo il trionfo del suo Gavorrano ha lanciato, nudi e crudi, concetti pesanti. Primo: «Il prossimo anno giocheremo a Grosseto». Lasciando immaginare che c’è già un accordo con il sindaco o con l’assessore Rossi. Secondo: «La Maremma non può permettersi società in competizione tra loro, no alle bandiere». Ovvero no alla rivalità Gavorrano-Roselle, una frase che può lasciare spazio a vari spunti di riflessione. Terzo: «Se continueremo a chiamarci Gavorrano e a indossare i colori rossoblù? Non vedo perché non dovremmo farlo».Traduzione: no al Gavorrano che diventa Grosseto, ma comunque con uno spiraglio: «Servirà una riflessione per capire come consolidare questo risultato, che è il massimo a cui la Maremma può aspirare».
Luigi Mansi ha rappresentato per anni l’auspicata alternativa a Piero Camilli in casa Grifone ed è logico che nei numerosi incontri degli ultimi mesi, in Maremma e non solo, l’assessore allo sport lo abbia incontrato più volte. Tutto ruota attorno a un quesito: è disposto l’ingegnere, che non ha mai fatto segreto di vedere nel calcio a Gavorrano anche se non soprattutto un atto di amore e vicinanza per il territorio che ospita la sua azienda, a trasferire la sua società a Grosseto? Perché se per il Comune l’operazione Mansi ha senso e vantaggio, è riportare attraverso quest’operazione il Grosseto in Lega Pro. Via, magari progressivamente, il nome Gavorrano dalla squadra, via l’azzurro dalle maglie, sede in piazza Veterani dello Sport: senza questo difficilmente gli sportivi grossetani vedrebbero di buon occhio questo “trasferimento”, che rischierebbe di diventare – almeno sportivamente parlando – un boomerang. Fermo restando l’assoluta solidità come imprenditore e come uomo dell’ingegnere, personalità di spicco e di valore con la quale nessuno ha interesse a entrare in conflitto.
Simone Ceri, invece, è mente al servizio di una passione, il cuore che diventa cervello, la voglia di calcio che diventa idee. Non è dato sapere dove giocherà il Roselle nel prossimo campionato e nemmeno importa. Già, non conta la categoria, non conta se sarà Eccellenza o Serie D, perché Ceri ha in mente un calcio che in Maremma non si è mai visto in cui – almeno in questo momento – far diventare grandi i giovani è più importante che far diventare più bravi i grandi. Non è semplice, soprattutto nel calcio, far digerire e accettare un progetto del genere, non è facile far capire che non importa se il prossimo anno sarà Serie D o Eccellenza perché quello che importa è dove – e soprattutto come – sarà l’eventuale Grosseto tra dieci anni. Anzi, nel calcio è tremendamente difficile, anche se dopo l’esperienza Fc Grosseto lo è un pochino meno: pensare a una società in grado di camminare con le sue gambe, senza dipendere da un padre padrone che quando si stanca lascia la baracca che crolla, deve essere la priorità delle priorità per non ritrovarsi presto o tardi al punto di partenza. Bisogna essere lungimiranti e pazienti, insomma, qualcosa che ovviamente è complicato da far accettare ai tifosi e quindi anche agli amministratori. Certo, per il Roselle di Ceri diventare Grosseto non sarebbe un problema, ma quasi il coronamento di un sogno, pericoloso sì, ma pur sempre un sogno. E poi c’è quell’erigendo centro sportivo, qualcosa che a Grosseto nella storia c’è mai stato, una potenziale cassaforte che una volta costruita, con impegno e sacrificio, potrà iniziare a produrre certezze.
Difficile, molto difficile scegliere, ma il tempo è quasi scaduto. Anzi, verrebbe da dire che se n’è già perso troppo, di tempo, perché una nuova stagione è già alle porte. Poi però, lo ha ricordato anche Mansi, torna alla mente l’estate del 2015, quando in una manciata di giorni l’allora amministrazione comunale – forte di presunte garanzie – consegnò il calcio a Pincione. Un’altra po’ di pazienza e arriverà la risposta.