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GROSSETO – Quello della vivibilità del centro storico di Grosseto è un problema serio. Ma la soluzione non può essere riaprire al traffico la Ztl. Oggi in Italia sono quasi 300 i centri storici tutelati da zone a traffico limitato (e isole pedonali) censiti dal portale internet accessibilitacentristorici.it, ed è chiaro che la nostra città, anche solo per questo, farebbe la figura della pecora nera. Peraltro dovendo affrontare le stesse emergenze di tutte le altre città italiane.
Che un gruppo di ristoratori assediati dalla crisi del commercio pensino di affrontare la questione raccogliendo firme per riportare le macchine dentro l’anello delle mura medicee, è cosa da guardare con comprensione perché in fondo rappresenta una rabbiosa richiesta d’aiuto. Ma è anche il sintomo patente della diffusa latitanza d’idee per arginare la deriva, peraltro difficile da governare.
Degrado urbano, marginalità di varia natura ed episodi di violenza. Crisi del commercio tradizionale. Mancanza di una meditata politica di valorizzazione del centro cittadino. I problemi sono tanti e sovrapponendosi fra loro concorrono ad aggravare le cose, reclamando una visione d’insieme e tempi ragionevolmente dilatati.
Oltre la cortina fumogena degli slogan, soluzioni miracolistiche non ce ne sono. Converrebbe che il discorso pubblico battesse l’accidentata strada del buon senso. Ma sarebbe anche bene chiamare le cose con il loro nome. Che forse qualche idea utile alla bisogna può venir fuori.
Una prima considerazione di carattere culturale, quasi antropologico. Il disagio e la marginalità sociale sono sempre esistiti, esisteranno, e non sono fattori eliminabili semplicemente con petizioni di principio volitive. Tipo: basta spacciatori!
Chi ha vissuto la Grosseto degli anni ’80 e ’90, non può non ricordare che droga (eroina) e marginalità sociale, oltre al degrado urbano, c’erano anche allora. Oggi ci sono gli ‘shottini’ di cocaina, gli spacciatori nordafricani, orde di adolescenti e giovani con tasso alcolemico fuori norma, sbandati vari. Ma pensare di risolvere tutto spostando due panchine o con il presidio perenne di vigili urbani e forze dell’ordine (quanto può durare?), oppure con qualche decina di telecamere, significa coltivare un’illusione che a catena genererà altre frustrazioni e potenzialmente altre violenze. Con qualche genio della lampada che tirerà fuori la fantasmagorica idea delle ronde della sicurezza. Nella migliore delle ipotesi, infatti, tutto questo sposterà i problemi di qualche centinaio di metri.
Nessun giustificazionismo, ma un invito alla ragionevolezza e a pensare più in termini di prevenzione che di repressione.
C’è poi da affrontare un deficit evidente nella programmazione delle iniziative per attirare gente nel centro storico. Più che positivo che si stia organizzando il Centro commerciale naturale e che per lusingare i turisti sprovvisti di Euro, Ascom promuova il protocollo “tax free shopping” per recuperare l’Iva pagata sugli acquisti effettuati nei negozi convenzionati. Ma il problema principale è la qualità delle iniziative di incoming commerciale. Se tutto si risolve in quattro gruppi musicali e due Dj per attirare giovani che consumino fiumi di birra e superalcolici, c’è poco da lamentarsi se abbondano frotte di ubriachi e gente sopra le righe.
Possibile sia così complicato organizzare anche la presentazione di un libro (popolare, per carità!), uno spettacolo teatrale per bambini, mostre e performance artistiche, mercatini antiquari, o qualunque altra cosa? Tipo un festival culturale. Motivi, insomma, per andare e stare volentieri in centro. Diversi, ma complementari, rispetto all’uscire di casa col solo obiettivo di bere.
Altro tasto dolente, con poche eccezioni autarchiche in qualche via a vocazione commerciale: l’arredo urbano. Il centro storico uccide qualunque libido estetica e sensoriale per quanto è disadorno, sciatto e anodino. Manca un layout riconoscibile degli elementi di arredo urbano: dalle aiole alle panchine, dai lampioni ai cestini, dalle ringhiere ai portacenere, dai vasi per fiori e piante alle sedute, fino a gazebo e loro arredi, stalli pubblicitari, rastrelliere per biciclette, alle insegne pubbliche e private. Ivi comprese linee guida di lighting design per l’illuminazione di edifici e spazi pubblici. Così come manca un servizio pubblico di bike sharing, oramai altrove molto diffuso per favorire la mobilità dolce. Insomma, un’impronta che dia personalità e dignità all’area circoscritta nelle mura, rendendone piacevole la frequentazione.
Infine due questioni strettamente legate. Le condizioni non esaltanti delle mura medicee e quelle drammatiche del selciato in quasi tutto il centro storico cittadino. Nel primo caso non può bastare dare in concessione ai privati due o tre troniere, i cui costi di manutenzione straordinaria rimangono a carico del Comune. Nel secondo bisogna invece cominciare a pensare seriamente a rifare ex novo la pavimentazione, evitando gli errori marchiani fatti fra il 1999 i primi anni 2000 quando fu completamente sostituito il vecchio selciato.
In entrambi i casi si tratta di mettere insieme almeno una decina di milioni di Euro e un po’ d’idee buone. Senza fare demagogia e promesse a vanvera, l’orizzonte realistico di un intervento di queste dimensioni è di almeno dieci anni. Un bel lavoro è stato fatto dal gruppo di studenti di architettura coordinati dal professor Milesi. Ma anche dal progetto di riqualificazione delle Mura di Marri, Polito e Perin, di metà anni ’90. Forse conviene iniziare da lì, senza fare ogni volta i fenomeni.
Un centro storico bello e vivibile è interesse di tutti. Ma è necessario che ogni componente sociale e politica cittadina faccia fino in fondo i conti con la propria coscienza sporca. Senza sconti o atteggiamenti rivendicativi.