GROSSETO – E’ possibile che un artigiano esperto debba diventare dipendente per poter continuare a fare il suo mestiere? Sembra assurdo, ma accade in Italia alla categoria dei gommisti. E in Maremma denunciare la paradossale vicenda è Enrico Trebbi, presidente provinciale della categoria dei meccatronici per Confartigianato Imprese Grosseto.
«La legge 224 del 2012, sostenuta da Confartigianato perché consente di assecondare l’evoluzione tecnologica nel campo dei motori e delle riparazioni – ricorda Trebbi – ha previsto che gli autoriparatori si chiameranno dal prossimo anno meccatronici. Giustamente la legge ha stabilito che per diventare meccatronici occorre rispettare una serie di requisiti, tra i quali c’è anche la frequenza di corsi di qualificazione. E fin qui va tutto bene, ma il legislatore si è dimenticato che, per i gommisti, la vecchia legge del 1992 non aveva istituito i corsi di qualificazione».
Ed ecco il paradosso: «Oggi – spiega Enrico Trebbi – le officine non hanno l’abilitazione per svolgere l’attività di gommista. E per ottenerla la nuova legge impone al responsabile tecnico, che nelle aziende artigiane è quasi sempre il titolare o il socio, di frequentare un corso regionale e svolgere almeno un anno di lavoro come dipendente qualificato di un’impresa del settore». Cosa che, ovviamente, per un artigiano in attività è di fatto impossibile. Una situazione che Confartigianato Autoriparazione definisce «assurda e caotica» e che l’associazione di categoria ha denunciato da tempo, ma alla quale ancora non si è posto rimedio.
Per questo il presidente nazionale di Confartigianato Autoriparazione Meccatronici, Alessandro Angelone, ha inviato una lettera al ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, al quale ha segnalato i problemi della categoria e sollecitato un intervento chiarificatore. «La soluzione non è difficile – conclude Emiliano Calchetti, funzionario di Confartigianato Imprese Grosseto – ma occorre che vengano previsti e introdotti, per gli imprenditori in attività, dei corsi da considerare abilitanti, senza pretendere una successiva esperienza lavorativa da dipendente. Ed è questo che abbiamo chiesto al ministro Calenda».