GROSSETO – Un avamposto religioso appartenente all’ordine di San Rabano. Era questo, in origine, la Fattoria di Grancia, e più in generale questo erano le grance. Una storia che in molti non conoscono quella della zona che si trova subito usciti da Grosseto.
La Fattoria fu poi acquistata dalla famiglia Ricasoli nell’ottocento e tutt’ora una parte, quella privata, appartiene alla famiglia Ricasoli-Bicocchi. «La Fattoria di Grancia è un bene storico importante per il nostro territorio – afferma Lucilla Dani guida turistica appartenente a FederAgit – all’interno è contenuto un importante archivio storico» quello della riforma agraria, che ha cambiato il volto della Maremma.
La chiesina di Santa Maria delle Capanne, che si trova all’interno della Fattoria, aveva all’interno un quadro, una Madonna in ascensione che, chissà come, è finita a New York, e adesso è esposta al Metropolitan museum. «Nel porticato d’ingresso – afferma ancora Lucilla Dani – sono apposte due targhe, due lapidi mortuarie: siamo andati a ricercarne la storia e sono emersi i nomi di alcune storiche famiglie grossetane». I nomi sono due, un uomo e una donna: Giacomo Stefanopoli, discendente degli Stefanopolus, famiglia greca arrivata con la riforma leopoldina, antenati dei Porciatti di Cana. Stefanopoli, assieme a Tognetti, costruì uno dei più bei palazzi di Corso Carducci, davanti a piazza Socci, e acquistò, proprio dai religiosi di Grancia, lo stabile su cui poi fece costruire il Teatro degli Industri.
L’altra lapide è invece dedicata alla moglie, che faceva parte della famiglia Passerini, la stessa a cui apparteneva l’architetto che ideò gli Industri. Un’occasione per conoscere e visitare la Fattoria di Grancia gratuitamente è offerta sabato 18 dalla giornata delle guide turistiche.
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