GAVORRANO – «Gavorrano è come un vecchio che deve morire, Bagno di Gavorrano come un bimbo che deve crescere». Se le ricorda bene queste parole, Maurizio Caiolino, proprietario del bar Giardino e dell’edicola in via Veneto. «Sono le parole di un sindaco degli anni 70, non ricordo il nome, ma quella previsione, espressa senza malizia, si è avverata nel tempo.»
In quegli anni Maurizio era un ragazzino, suo padre aveva appena aperto l’edicola nel ’68. Oggi la gestisce lui insieme al bar annesso. «Non faccio un giorno di chiusura da almeno quattro anni – racconta -, ho i miei clienti affezionati, ma questo paese si sta spopolando e con la chiusura del campeggio c’è molto meno flusso turistico. Ora vogliono togliere anche il supermercato e la banca. Qualcuno dovrebbe svegliarsi di fronte a questa realtà.»
La filiale del Monte dei Paschi e il supermercato Coop sono collocati a 50 metri di distanza, praticamente una accanto all’altro se non fosse per una piccola via che divide gli edifici. Due attività sul filo del rasoio ed a rischio di importanti tagli da parte delle rispettive aziende. Infatti, la chiusura di entrambi gli esercizi sembra ormai alle porte. Il bar di Maurizio dista a pochi metri, come del resto tutti quanti i negozi del paese.
Gavorrano, capoluogo del comune minerario sta attraversando «un periodo buio a livello sociale ed economico», la banca e il supermercato sono a rischio chiusura e «chissà quando chiuderanno la posta?» ci si chiede in piazza.
Il borgo medievale che negli anni sessanta e settanta pullulava di vita oggi si ritrova spopolato e a rischio di perdere quei pochi servizi rimasti, servizi fondamentali per garantire una vita sociale e lo strumento che rende un centro storico tale. La tutela dei centri storici troverebbe fondamento perfino nella Costituzione, la quale sancisce che “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, ma soltanto in virtù di bene culturale.
Una situazione che non preoccupa soltanto i dipendenti, ormai definiti “esuberi”, ma tutti gli abitanti e non da ultimo i negozianti ancora aperti. Due negozi si sono già arresi, sia la fioraia sia la parrucchiera hanno chiuso le saracinesche, i due ristoranti del paese cercano gestori nuovi. Tutte scelte personali o imprenditoriali, ma che fanno parte di un quadro comune.
«Qui la situazione è tragica – afferma anche la proprietaria della pizzeria d’asporto “Da Claudia”, l’unico esercizio del paese che serve un pasto caldo -. I due ristoranti di Gavorrano hanno chiuso, io mi adatto come posso; accetto buoni pasto e ho una convenzione con la mensa dei Carabinieri. Poi basta chiedere, noi siamo pronti a preparare qualsiasi piatto. Certo, una volta si lavorava meglio, con i turisti del campeggio ad esempio, ma ormai mancano anche loro. Qui, nemmeno volendo creare un’attività, uno si scoraggia già in partenza».
Anche Antonella, la panettiera conferma «Qui non si parla di lavorare, ma di sopravvivere. Per fortuna il fondo è mio – e aggiunge in dialetto tipico – se no ero bell’e a casa. Qui ‘un c’è più nessuno.» I fondi di proprietà sono l’unica ancora di salvataggio che accomuna i commercianti locali.
Anche il tabacchi ha dovuto arrangiarsi, adeguare gli orari di apertura alle esigenze dei clienti e aumentare i servizi. «Come è possibile che la banca chiuda? Il fondo commerciale è di loro proprietà, è una decisone assurda.»
Poi c’è un altro bar “Il Grottaione”, d’estate vende gelati ai turisti. «Sarebbe ben l’ora che qualcuno si prendesse la briga almeno di tamponare questa situazione. Come si presenta un paese privo di servizi e a vocazione turistica? Noi esercenti apprendiamo gli sviluppi del paese dai giornali, mai una volta che qualcuno ci avesse invitato a una riunione o un confronto per cercare soluzioni tutti insieme».
Sulle panchine in piazza gli anziani discutono animatamente «Vede, questo è un paese fantasma ormai, piano piano ci stanno seppellendo. Siamo rimasti solo noi e per fortuna abbiamo ancora la patente, altrimenti sarebbe un casino. La spesa dove la facciamo se chiude la Coop? Qui possono vivere solo gli autosufficienti. Prima hanno chiuso le miniere, poi le acciaierie, non c’è più lavoro e i giovani se ne sono andati ormai. Ma lassù – indicando con la testa il punto più elevato del paese, dove sta il municipio – non potevano pensarci prima?».