GROSSETO – Uno dei luoghi più significativi di Sarajevo è senza dubbio il Ponte Latino. Proprio sul Latinska ćuprija, il 28 giugno 1914, lo studente Gavrilo Princip sparò e uccise l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero austro ungarico. Fu la causa occasionale che fece scoppiare la Prima Guerra Mondiale. Costruito alla fine del 1500 è il ponte più antico della città e in epoca jugoslava prese il nome di Principov most, ponte di Princip. Oggi, proprio nel punto in cui l’omicidio avvenne, c’è una stele che ricorda quell’avvenimento.
La Old Town è ricchissima di ponti, che la uniscono con la zona della città posta sull’altra sponda del fiume Miljacka: accanto al Ponte Latino c’è il Ponte dell’Imperatore, tramite il quale si accede all’omonima moschea, la più antica della città. Tra i tanti che si susseguono uno dopo l’altro merita menzione è il Festina Lente. Festina Lente è un’espressione latina che significa affrettati lentamente, attribuita all’imperatore Augusto, che ben descrive l’idea alla base di questo avveneristico ponte di 38 metri con una stranissima passerella circolare nel mezzo. Inaugurato nel 2012, è stato progettato da tre studenti dell’Accademia di Belle Arti, il quale edificio svetta maestoso proprio alle spalle del ponte. Di legno, in cemento o in ferro è una vera e propria sfilata di ponti in questa parte della città, come a ricordare l’idea di una Sarajevo crocicchio di diverse culture unite tra loro.
Nel centro non sono frequenti, ma basta muoversi fuori dalla Old Town e raggiungere la Via dei Cecchini, per trovarsi di fronte un altro significativo e struggente ricordo della Guerra: questa parte di Sarajevo, importante via di collegamento tra il centro e l’aeroporto, durante il conflitto era sotto costante controllo dei cecchini, che appollaiati sui grattacieli sparavano ai civili. I buchi nei palazzi, ancora oggi ben visibili, sono la memoria di quell’orrore.
Proseguendo verso l’aeroporto è assolutamente consigliata una sosta al Museo del tunnel, forse il più importante museo della città. Durante l’assedio di Sarajevo, che come già ricordato è stato il più lungo in età contemporanea, la popolazione era affamata e sotto la costante minaccia del tiro da fuoco serbo. Il cibo che l’Onu faceva arrivare all’aeroporto non poteva raggiungere quindi le case. Così si costruì questo tunnel, lungo 800 metri e altro 1,60, per rifornire la popolazione. Oggi sono stati conservati 20 metri, che sono diventati il Museo del tunnel.
A rendere ancora più drammatica la situazione nei lunghi anni della Guerra le condizioni meteorologiche che in inverno in questa parte della penisola balcanica sono davvero estreme. Freddo pungente, neve e ghiaccio rendono perfino oggi difficile camminare in città. I sarajevani ormai sono abituati, aggrappandosi un po’ ovunque quando devono arrampicarsi o calarsi tra i numerosi saliscendi che sono una delle caratteristiche inconfondibili della città. Raccomandazione obbligatoria: se visitate Sarajevo in inverno dotatevi di scarpe adatte a camminare sulla neve e di abbigliamento pesante. Non basatevi sulle temperature italiane al momento di preparare la valigia: in Bosnia farà freddo. Freddo secco, che permette di sopportare anche temperature inferiori al meno 10, ma freddo. Quando nevica la neve ricopre tutto, anche le cassette di melograni disseminate un po’ in tutta la Old Town, che servono ai venditori per preparare le tipiche spremute. Altra particolarità è che in Bosnia (come in Serbia) non è stato ancora introdotto il divieto di fumo. A Sarajevo si fuma ovunque, eccetto nelle strade e nei luoghi pubblici perché tanto è più comodo farlo all’interno dei bar, dei locali, perfino dei ristoranti. Per chi non fuma non è il massimo.
La terz’ultima puntata del viaggio (domani l’epilogo con l’ultimo giorno del viaggio di Toblerone) si conclude dopo cena arrampicandosi su una delle tante colline della città, quella del quartiere di Bistrik, per assaporare una vista notturna della città dall’alto.