GROSSETO – Appuntamento immancabile a Sarajevo è una passeggiata nella Old Town, la Baščaršija, il cuore pulsante della Stari Grad, ovvero del quartiere più centrale della capitale bosniaca. Iniziando con il Bbi Center, un centro commerciale a cinque piani tra i più grandi della città, si può passeggiare per un paio di chilometri prima sulla via Marsala Tita, poi sulla Ulica Ferhadija fino a raggiungere Sebilj.
Subito sulla sinistra c’è il Veliki Park, con la già raccontata scultura raffigurante il padre Ramo che chiama il figlio Nermin, durante il massacro di Srebrenica. Poi la Banca centrale Bosniaca e tra la Marsala Tita e la Ulica Ferhadija s’incontra la Vjecna vatra, un monumento bellico che ricorda i caduti con un fiamma perpetua. Da qui inizia la più vivace via del centro cittadino, che è tutto un susseguirsi di negozi, bar e ristoranti. Dopo pochi metri è possibile fare una sosta nella Gradska trznica, il mercato cittadino, per la spesa. I banchi più riforniti sono quelli di formaggio e di carne: da ricordare che nella parte bosniaca della città il maiale è haram, proibito. Raggiunta la cattedrale cattolica, già descritta nelle precedenti puntate, con una piccola deviazione a sinistra sulla Mula Mustafe Baseskije, è assolutamente obbligatoria una visita al Pijaca Markale. In questo mercato ortofrutticolo, infatti, si sono consumati due sanguinosi attacchi da parte dell’esercito serbo-bosniaco ai civili durante la guerra: il primo nel febbraio 1994 provocò 68 morti, il secondo nell’agosto 1995 ne causò 43. Proprio a seguito di questo attacco la Nato decise di intervenire militarmente nella ex Jugoslavia.
Riprendendo il cammino sulla Ulica Ferhadija, stavolta sulla destra s’incontra il Gazi Husrev-begov bezistan, un mercato coperto che ricorda – in piccolo – quelli di Istanbul: stessa tipologia con bancarelle di vario genere nelle quali trovare souvenir, maglie, borse e chincagliere. E’ accanto alla moschea più imponente della Old Town, quella dalla quale prende anche il nome. Appena superata la moschea c’è la Morica Han, l’ultima han, l’ultimo caravanserraglio ancora esistente a Sarajevo. Di origine ottomana, risale a metà del 1500 anche se è stato recentemente ricostruito: veniva utilizzato per la sosta dalle carovane che attraversavano i Balcani, in transito tra l’Europa e l’impero Ottomano.
Da questo punto in poi il consiglio è quello di avventurarsi nei tanti vicoletti pieni di bancarelle, negozietti, caffè e ristoranti. La zona è piccola e accogliente, non c’è il rischio di perdersi. Tra il richiamo alla preghiere dei muezzin nelle moschee, l’odore di carne arrostita, in un periodo senza turisti è piacevole camminare accanto ai bosniaci, in vicoli gelidi eppure familiari, cercando – senza successo – di capire qualche parola in una lingua incomprensibile, che ricorda vagamente il russo. Il giro termina come sempre a Sebilj, la fontana innevata presa d’assalto dai piccioni. Da qui la giornata può concludersi con un salep, una bevanda turca che si ricava da tuberi essiccati molto dolce e piacevoli. Bastano due passi in salita per raggiungere la Čajdzinica Dzirlo, una specie di raffinato bar in cui l’eccentrico signor Dzirlo accoglie i visitatori in un perfetto italiano, visto che ha vissuto per cinque anni nel Belpaese.