GROSSETO -L’accoppiata “buio” + “buttero” punto di forza per il marketing territoriale della provincia di Grosseto, non solo riferito al turismo. B&B non sarebbe più il logotipo di bed and breakfast, ma più prosaicamente di buio and buttero. Perché no?
Potrebbe essere una provocazione naif, ma è una cosa seria. Se la provincia di Grosseto ha, come ha, un’ottima reputazione quanto a territorio di grande pregio ambientale, con una ricca biodiversità e un basso livello d’inquinamento, allora il buttero e il buio sono due indicatori di questa qualità. Ma è possibile andare oltre lo stereotipo agreste, considerandoli meta-indicatori della qualità totale. Traslandoli in altri ambiti diversi dal turismo.
Proviamo con esempi che diano un’idea tangibile. In tutt’Italia nell’immaginario collettivo il buttero è identificato con la Maremma. È pacifico. Ma se l’associazione tra il buttero e l’ambiente rurale è intuitiva e non ha bisogno di aggettivazioni, perché la trasposizione grafica del buttero – quello di Tolomeo Faccendi in piazza della stazione (1953) – non fa parte del logo Maremma Toscana associato al portale turismoinmaremma.it? Sì, certo, la prima gamba della M di Maremma richiama il bastone a uncino dei butteri. Ma è un vezzo grafico criptico e incomprensibile ai più, leggibile solo da pochi maremmani a denominazione d’origine.
E soprattutto perché non usare la griffe del buttero come marchio ombrello per la “mercatura” di qualunque prodotto made in Maremma, compresi ad esempio quelli dell’elettromeccanica, accanto ai più ovvi prodotti agroalimentari? Che male ci sarebbe, in proposito, ad apporre un bel buttero accanto al logo aziendale sulle macchine per la verniciatura industriale prodotte dalla Eurosider di Ottavio Milli in piazzale Thailandia a Grosseto? Apparati esportati in mezzo mondo? E così sulle confezioni di vino dei Vignaioli del Morellino di Scansano, sui quadri elettrici dell’Elettromar di Follonica piuttosto che sui caschi tecnici della Vemar, e via discorrendo? In giro per l’Italia e per il mondo intero pian piano assocerebbero quei prodotti a un territorio, con gli uni che farebbero da traino all’altro e viceversa. Buttero icona della qualità globale che caratterizza il made in Maremma, insomma.
Sì, ma il buio come quaglia? Ci quaglia ci quaglia. In pochi forse sanno che l’Italia è uno dei Paesi col più alto inquinamento luminoso al mondo. E che la diffusione massiccia dei Led lo sta incrementando esponenzialmente, con picchi di centinaia di volte al di sopra livello naturale della luce. Oppure che il problema è planetario, perché l’80% della popolazione mondiale (7 miliardi di persone) di notte stenta a vedere le stelle in cielo; il 90% di statunitensi ed europei. Lo ha verificato il portale scientifico Sciences Advances – espressione di un’associazione culturale internazionale no profit fondata nel 1849 – che ha realizzato l’Atlante mondiale dell’inquinamento luminoso. Fra l’altro l’eccessiva illuminazione artificiale, falsando la percezione dell’alternanza giorno/notte, altera il nostro orologio biologico interno (ritmo circadiano), influendo negativamente su sistema cardiocircolatorio, termoregolazione corporea, sistema endocrino e metabolismo.
Nel belpaese, quindi, 8 Italiani su 10 non vedono la volta stellata, anche perché in 15 anni è raddoppiato l’impatto dell’inquinamento luminoso. Con un consumo pro capite di energia elettrica per la pubblica illuminazione che è il doppio di quella di Tedeschi e Inglesi, e un terzo in più dei Francesi.
Ma la Maremma Toscana è una delle poche enclave sul territorio nazionale dove questo non vale. Perché il buio, spesso il buio pesto, la fa da padrone. E questo esercita un certo fascino sulle persone, anche considerando che il buio profondo è spesso associato al silenzio. O ai soli rumori della natura. Tipico fattore di competitività per attrarre un certo tipo di turismo, in grande espansione, attratto dalla natura incontaminata. Magari per godersi proprio il cielo notturno e le sue stelle. Una felice eccezione alla regola già qualche anno fa messa in evidenza dagli adepti della “buiometria partecipativa”.
Cosa impedirebbe dunque di cogliere questo elemento in una logica di marketing territoriale? Magari con lo slogan “sotto questo cielo (stellato), in Maremma produciamo cose incredibili”? Senza avere la pretesa di rubare il mestiere ai pubblicitari, ma per semplificare.
Tutto questo per dire che, alle volte, basterebbe guardarsi intorno con curiosità per avere sorprese inaspettate. E ricavarne magari un’idea utile, scoprendo che il buttero e il buio possono essere fattori di competitività nel marketing territoriale. Ecco perché, se in qualche buia notte maremmana v’imbatterete in un buttero a cavallo senza catarin frangente, non chiedetegli di applicarsi una luce a Led, ma guardatelo con rispetto.