GROSSETO – A cinque anni dalla notte del 13 gennaio 2012 che ha segnato la storia recente dell’Isola del Giglio, con il naufragio della nave da crociere Costa Concordia e la morte di 32 persone, esce nelle librerie “Cuore di Giglio” (De Ferrari editore, pagine 136, Euro 13,90) di Michele Taddei, il libro che racconta i trenta mesi successivi che accendono sulla piccola isola dell’arcipelago toscano l’attenzione di tutto il mondo.
In questo periodo l’Italia cambia tre Governi (Monti, Letta, Renzi), Roma ospita due Papi, gli italiani votano in tre diverse consultazioni elettorali (Politiche, Europee, Amministrative), ma il naufragio più assurdo della storia della marineria rimane sempre al centro delle cronache nazionali e internazionali. E l’Isola, suo malgrado, diventa protagonista di operazioni mai tentate prima, quali la rotazione (16 settembre 2013) e la rimozione (23 luglio 2014) della più grande nave mai naufragata. «Oggi come Paese abbiamo fatto, per bene, con serietà, una cosa giusta che avevamo il dovere di fare», scrisse il premier Enrico Letta nel giorno più lungo dell’isola quando la nave venne riportata in asse, mentre l’estate successiva il premier Matteo Renzi volle presenziare all’arrivo a Genova del relitto.
Tuttavia l’autore, oltre a raccontare la cronaca puntuale di questi anni, pone il suo sguardo anche alla scoperta dell’isola che non è composta solo di straordinarie spiagge e un mare incontaminato ma è ricca di storie di naufragi e di utopie, leggende e miti fondativi. Come quella dell’archeologo Mensun Bound che da trent’anni è alla ricerca di un prezioso elmo corinzio, del minatore Pietro e della “sua” miniera di pirite, o l’arrivo al Porto del futuro premio Oscar Jep Gambardella alias Toni Servillo, protagonista de “La Grande Bellezza”.
Nel libro, diviso in 20 capitoli, protagonisti anche i pirati, i fari dell’isola, le meridiane del capitano genovese Enrico Alberto D’Albertis che dopo aver fatto tre volte il giro del mondo comprò la torre saracena del Campese, e le capre del pastore Angelo che, finita la Grande Guerra, restituì all’isola la sostanza del suo antico nome: Giglio, terra di capre.