GAVORRANO – Sempre più comuni della provincia di Grosseto, Follonica è solo l’ultimo in ordine di tempo, sposano progetti per la prevenzione e il contrasto alla ludopatia, la dipendenza da gioco e in tanti ricordano oggi le vicende di Gavorrano. Nel 2010 Massimo Borghi affrontò il problema del gioco d’azzardo con un’ordinanza sulle slot machine, ordinanza che di fatto aprì una sanguinosa crisi politica nella maggioranza di centrosinistra che portò poi al commissariamento del Comune.
Era il 2010 quando l’allora sindaco di centrosinistra decise di mettere un freno al gioco d’azzardo all’interno dei confini comunali. In seguito a numerose segnalazioni da parte di famiglie disperate e rovinate a causa del gioco d’azzardo, il sindaco di allora decise che era giunto il momento di emanare un’ordinanza che permettesse di limitare i danni dei videopoker. Ne seguirono aspre polemiche che portarono alla divisione della stessa maggioranza di governo. La vicenda politica si concluse con la fine anticipata della legislatura provocata dalle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali e l’arrivo del commissario Vincenza Filippi in municipio. La vicenda giuridica legata all’ordinanza invece finì con la sospensione del provvedimento da parte del Tar, il pagamento delle spese legali da parte del Comune e la vittoria di un esercente del Comune che aveva presentato ricorso contro l’atto del sindaco Borghi.
Dopo l’ormai diventata famosa ordinanza 49/10 il gioco d’azzardo non è mai più stato all’ordine del giorno in consiglio comunale. Né con il rieletto Borghi, né con il sindaco Iacomelli.
Ma perché nel 2010 la sua ordinanza provocò un terremoto politico mentre oggi, sempre più Comuni emettono ordinanze per combattere i danni del gioco d’azzardo? Probabilmente i numeri degli ultimi anni hanno portato a una visione più ampia della problematica che riconosce la dipendenza da gioco come patologia grave, paragonabile alla dipendenza da sostanze stupefacenti e un numero di pazienti sempre più elevato.
La spesa per il gioco d’azzardo costituisce, infatti, l’impressionante cifra del 12% delle famiglie italiane. Sono 15 milioni i giocatori abituali, tre milioni quelli a rischio patologico e circa 800 mila quelli già patologici. Secondo “Il Sole 24 ore” nelle province toscane si spendono 1202 euro pro capite per il gioco all’anno. Perfino nei minori sotto i 12 anni è un fenomeno sempre più diffuso.
Oggi la tematica viene affrontata in maniera più scrupolosa, a partire dal parlamento europeo che nel 2013 ha approvato una risoluzione nella quale si afferma la legittimità degli interventi degli stati membri a protezione dei giocatori. E’ necessario, infatti, secondo il parlamento europeo contrastare i possibili effetti negativi per la salute e a livello sociale, tenuto anche conto dell’enorme diffusione del gioco d’azzardo e del fenomeno delle frodi oltre che svolgere un’azione di lotta alla criminalità. Nel 2014 la Commissione Europea è intervenuta sul tema con una raccomandazione sul gioco d’azzardo on line, con cui ha stabilito i principi che gli stati membri sono invitati a osservare al fine di tutelare i consumatori, con particolare attenzione ai minori e ai soggetti più deboli.
Sul fenomeno della ludopatia si registrano ripetuti interventi legislativi anche da parte del parlamento italiano, tra cui il decreto Balduzzi e alcune disposizioni della Legge di stabilità del 2016, fondati sull’esigenza di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica, di contrastare il crimine organizzato ed eventuali frodi e di salvaguardare minori e soggetti più deboli, oltre che per regolare i profili di carattere fiscale.
Molti comuni italiani stanno seguendo le linee guida in tal senso e spesso si scontrano con le forti resistenze degli esercenti che hanno presentato numerosi ricorsi ai giudici amministrativi. La giurisprudenza in materia, alla luce delle più recenti pronunce della Corte costituzionale, segue però un’evoluzione che ha largamente legittimato gli interventi dei comuni in questo particolare settore.