VITERBO – Non è un momento facile per Piero Camilli e la sua Viterbese. Era partita bene, la formazione gialloblù, molto bene. Poi una serie di infortuni, su tutti quello di Nando Sforzini, e una doppia sconfitta di quelle che il Comandante non poteva proprio digerire: prima il 4-0 di Alessandria, poi il ko di misura contro il Siena.
“Avevo promesso a me stesso di non cacciare l’allenatore quest’anno, Cornacchini è bravo – ammette Camilli – ma a Siena abbiamo giocato troppo male. Lo avrei mandato via anche se avessimo vinto”. Al suo posto un vecchio pupillo, Dino Pagliari. “A lungo siamo stati nelle prime tre posizioni – ricorda l’ex presidente biancorosso – poi la sfortuna si è accanita su di noi, tanti infortuni, davvero troppi. L’Alessandria è fuori portata, fa storia a sé, ma con le altre ce la giochiamo. Tranquilli, a gennaio smonto la squadra e la rifaccio”. Difficile dubitarne, considerando il personaggio e rileggendo la sua storia. Una storia che fino a poco più di un anno fa era legata a doppio filo con quello dell’Us Grosseto.
Presidente, che effetto le fa vedere il Grifone da lontano?
“Ricorda quando dicevo che dopo di me il calcio a Grosseto sarebbe finito? Era la verità a quanto pare. Io rilevai la società che aveva 800, 900 milioni di debiti, solo un matto come me poteva farlo”.
Ma una squadra in realtà c’è. L’Fc Grosseto, solo una categoria sotto il Grifone di Camilli.
“Sì, ma non sta andando bene. E’ terz’ultima in classifica. L’anno scorso avevano costruito una buona formazione, niente da dire, hanno avuto solo la sfortuna di trovare la Viterbese, altrimenti avrebbero potuto vincere il campionato. Quando dicevo che il calcio senza di me sarebbe finito, intendo il calcio a un certo livello. Ricordo che ci siamo fermati a due partite dalla serie A e che non era tanto tempo fa”.
Pensa ancora qualche volta a Livorno?
“Se ci penso ancora? Peggio, mi sveglio la notte per gli incubi. E ancora di più penso all’anno successivo, ricordo ancora quando Sarri mi disse ‘Presidente, cacciali tutti’. Purtroppo nessuno di chi c’era prima si era accorto di niente. Ci hanno rubato due volte la serie A e se ci fossimo andati…Se ci fossimo andati sarebbe cambiato tutto”.
Parla ancora come se raccontasse di una ferita aperta.
“Lo è. Sedici anni sono tanti, tantissimi. Un pezzo della mia vita. Mi hanno accusato di aver abbandonato la squadra e la città, ma cosa avrei dovuto fare? Ho scritto al sindaco per mesi, non mi ha mai risposto. Mi dicono che avrei dovuto iscrivere la squadra. Pagare una fideiussione da 500mila euro per poi andarmene? Sono cose senza senso. Proprio pochi giorni fa ero a Grosseto al Bar Riksciò, con tanti amici, da Venturacci, a Ciarpi, a Mazzucchelli, a Ceri”.
Simone Ceri, parliamo di lui. Con il suo Roselle sta andando bene, Roselle di cui lei è sponsor.
“Sta andando più che bene. Quello che gli ho sempre consigliato è di stare tranquillo, se mai qualcuno dovesse cercarlo sappia che sarà “Armatevi e partite”. A Grosseto nessuno ti dà una mano in niente. Il mio Grifone aveva un bilancio di otto, nove milioni di euro, ma perché i soldi ce li mettevo io. Ecco, si sappia che in Maremma ho lasciato quindici milioni di euro”.
Piero Camilli è ancora il possessore del marchio dell’Us Grosseto 1912. Ci sono tifosi che sognano di vedere quel marchio sulle maglie del Roselle, qualora mai dovesse giocare a Grosseto. Se gli venisse chiesto, cosa farebbe?
“A Simone Ceri lo darei. Come continuerei a fare lo sponsor. Ma tanto per fare chiarezza, mai con un ruolo in società. E ci tengo anche a dire un’altra cosa”.
Prego.
“Io mi auguro che la città possa crescere dal punto di vista della competenza calcistica. E lo dico con il massimo affetto per Grosseto. Non mi stancherò mai di ripeterlo, quando sono arrivato allo stadio ero giovane, Luciano aveva i calzoni corti. Mi dispiace che la situazione oggi sia questa, con una squadra che arranca in Serie D”.
Oltre un anno dopo, cosa si sente di dire?
“Che se il calcio è in questa situazione le colpe vanno date a chi c’era prima, che poteva fare qualcosa e non lo ha fatto. Io non faccio politica, non sono di sinistra e basta vedere come cammino per capirlo, ma questo non significa che non si potesse provare a trovare un’altra soluzione”.