Hai voglia a inventarti improbabili soluzioni alternative. Dopo trent’anni di ponderoso dibattito l’unico volano credibile di sviluppo per la provincia di Grosseto rimane il completamento della E78 Due Mari e del corridoio tirrenico. Con buona pace di luddisti, esegeti dei butteri e Vip con buen retiro. Naturalmente in attesa di veicoli più moderni, alla Blade Runner o Gotham City.
È di questi giorni la notizia dell’apertura al traffico di un altro “chilometrino” a doppio senso di marcia del maxilotto della Grosseto Siena. E dell’avvio della Valutazione d’impatto ambientale per il tracciato autostradale tirrenico, da Grosseto ad Ansedonia.
Un’accelerazione modesta ma che dà il segno dell’inevitabilità delle due opere. Apertura del maxilotto a giugno 2017 ed entro la fine dell’anno prossimo appalto dei due lotti mancanti; conclusione teorica del tratto Grosseto-Siena nel 2020. Mentre i lavori per il corridoio tirrenico pare inizino nel 2018. Per la conclusione, consultare un aruspice o il mago Otelma.
Caratteristiche del tracciato dell’autostrada tirrenica e legittimi interessi da tutelare sono un’altra questione. Ciò che oggettivamente rileva, è il deficit infrastrutturale che contribuisce a tarpare le ali allo sviluppo.
Detto questo, bisognerebbe iniziare per tempo a pensare a cosa comporterà per questo territorio la conclusione delle due arterie. Perché, così per dire, la nostra realtà sta sulla costa Toscana, che sconta un gap non piccolo rispetto all’area della Toscana interna: un Pil procapite inferiore di circa 3.700 euro/anno, una produttività del lavoro (Pil per occupato) inferiore di 3.200 euro. Con un tasso di occupazione di 4,3 punti percentuali più basso e un tasso di disoccupazione di 2,7 punti superiore. Con Grosseto e Massa Carrara in fondo alla fila. [Rapporto Irpet sulle strategie per il rilancio della costa toscana].
I bucolici cultori della Maremma sauvage e con la R moscia storceranno il naso. Ma il tema vero è come creare ricchezza e insediare attività produttive, senza cedere allo sviluppismo acritico che spesso coincide col rafforzamento delle rendite di posizione.
Uno degli effetti probabili della velocizzazione dei collegamenti sulle direttrici nord-sud ed est-ovest, c’è da scommetterci, sarà il ritorno alle pressioni dell’edilizia sulla costa. La tentazione di tornare ai bei tempi che furono per vendere villette a 6-8.000 euro al metro quadro sarà irresistibile. Il pretesto lo forniranno le orde di nuovi turisti che finalmente arriveranno in Maremma in sicurezza e con tempi ragionevoli. Peccato che a oggi il 35,34% degli immobili della provincia sia sfitto, cioè a dire 53.361 immobili non occupati. La percentuale più alta della regione, seguita da Massa Carrara a quasi dieci punti di distanza [Osservatorio “Solo Affitti”]. La strada per alzare il prodotto interno lordo, quindi, non è quella. Al netto di ovvie considerazioni ambientali.
Che fare allora? Quale modello di sviluppo provare a costruire intorno ai nuovi assi viari, per evitare – come disse il presidente Enrico Rossi – di diventare solo una disneyland del turismo per vecchi e agiati signori?
Incentivare il rafforzamento o l’insediamento di industrie agroalimentari è la risposta più gettonata. In fondo l’agricoltura di qualità è una vocazione vera. E c’è ancora molto spazio per l’industria della trasformazione delle materie prime agricole, che genera valore aggiunto. Ma non bisognerebbe mai innamorarsi degli slogan. Anche perché le aziende non si gemmano per volontà politica, ma nascono per capacità e spirito imprenditoriale.
Per cui, anche tenendo conto di un humus produttivo che indubbiamente c’è, una strada potrebbe essere concentrare gli sforzi su un’agenzia territoriale che attragga investimenti offrendo pacchetti agevolati per insediamenti produttivi. Buone pratiche da clonare in giro per l’Italia e l’Europa ce ne sono. Per farlo, però, bisognerebbe che i Comuni collaborassero, fra loro e con la Regione Toscana, coordinando le politiche urbanistiche ed edilizie. Non ragionando con gli schemi della contrapposizione politica, o della competizione fra vicini. Anche perché qualunque analisi economica che si rispetti ha ribadito negli anni che l’attrattività dei territori, organizzati in distretti, reti o clusters produttivi, oramai si gioca sul piano della qualità del sistema d’istruzione e qualità sociale (servizi, vivibilità e ambiente) così come su dotazioni infrastrutturali e servizi alle imprese. Per cui un’azienda localizzata a Scarlino o Albinia dà lavoro anche a Grosseto.
Ecco, a fronte di certe discussioni amene cui si assiste un po’ basiti, sarebbe edificante si discutesse ad un livello un po’ superiore. Perché sulla costa Toscana mancano complessivamente 18.000 posti di lavoro per arrivare alla media del tasso d’occupazione del resto della regione. Che sarebbero 38.000 se in teoria i posti di lavoro dovessero essere tutti creati nei sistemi economici locali delle province costiere. Lo dice l’Istituto regionale programmazione economica della Toscana (Irpet), qualcuno cominci a prenderne atto.