ROSELLE – Soltanto un punto, dopo undici giornate di campionato, separa il Roselle dalla vetta dell’Eccellenza. Una porzione di stagione sufficientemente lunga per poter affermare che il periodo di praticantato nel nuovo campionato, nuovo come i precedenti quattro che lo hanno preceduto, può essere considerato assolto.
Il presidente Simone Ceri deve faticare non poco, per ribadire che l’obiettivo stagionale era e resta una tranquilla salvezza, anche se sognare di vincere il quinto campionato consecutivo è qualcosa che non può non solleticare l’intero ambiente rosellano. “Intanto ci tengo a ricordare che la Seconda categoria non l’abbiamo vinta noi ma il Montalcino, e che siamo stati ripescati – ricorda il massimo dirigente – per il resto quando dico che l’obiettivo resta quello di salvarsi io non mento. Perché salvarsi non vuol dire arrivare un punto sopra ai playout, salvarsi per come la vedo io vuol dire mantenere la categoria prima possibile, nel miglior modo possibile. Tutto ciò che eventualmente dovesse venire in più, sempre con la determinazione, la concentrazione e l’attaccamento che i giocatori stanno dimostrando, lo prendiamo”.
Si aspettava di essere a questo punto in questa posizione?
“No, assolutamente no. Come del resto non me lo aspettavo, anzi non ce lo aspettavamo, neppure l’anno scorso. Evidentemente il nostro nucleo storico, che è poi è il blocco della Prima categoria, è valido. Poi ovviamente ci sono stati degli innesti importanti, tutto per raggiungere una salvezza che fosse tranquilla”.
E un’Eccellenza così alla portata?
“Per noi questa è una categoria sconosciuta, come lo era l’anno scorso. Noi, è giusto ricordarlo, ci rinforziamo in base a quelle che sono le nostre possibilità e a quello che offre il territorio. Del Nero è arrivato dall’Isola d’Elba e Mesinovic da Sant’Angelo Scalo. Per il resto in rosa sono tutti grossetani. Abbiamo cercato quello che era disponibile in zona per fare meglio possibile, poi ovviamente certe situazioni si vedono in campo. A parte il gm Dragoni questo è un anno da esordienti per tutti noi”.
L’obiettivo può cambiare in corsa?
“Io e Mario siamo partiti per mantenere le categoria, anzi le categorie. Non ragioniamo mai solo in funzione della prima squadra, ma della totalità Roselle, squadre giovanili comprese. Se possibile sarebbe bello guadagnare l’ultima categoria regionale che ci manca, il nostro obiettivo è vincere il campionato degli Allievi e portarli anche loro a confronto con altri giocatori. E’ con questi tipi di campionati che riesci a formare i ragazzi, a farli crescere e a testarli. Per noi è una priorità”.
A che punto è il progetto Roselle?
“Il progetto Roselle prosegue, prosegue anche nelle difficoltà. Abbiamo perso due capisaldi. Gusmano Pallini purtroppo è morto a gennaio; Mauro Angelini, mostro sacro di queste categorie, dirigente che conosce a menadito i giovani e che risolve tutte le problematiche, per motivi personali ha deciso di restare fermo ai box. Sì, abbiamo perso due capisaldi, anzi due fondamenta, e questo ha messo il nostro settore giovanile in seria difficoltà. Detto questo la Juniores sta andando ben oltre le nostre aspettative, è stabilmente nelle prime ed è un miracolo per la provincia di Grosseto: chi va nei regionali poi retrocede, noi riusciremo a salvarci, vuol dire che ci sono ragazzi interessanti, molto volenterosi. Gli Allievi provinciali, invece, stanno disputando un campionato di vertice, sono secondi dietro il Massa Valpiana, chi perderà meno punti in giro e vincerà gli scontri diretti andrà avanti. I Giovanissimi regionali stanno facendo fatica, ma tornando in campo a Roselle finalmente hanno respirato l’aria del fortino battendo una squadra molto attrezzata: ci sono margini di miglioramento, è giusto essere fiduciosi”.
E il centro sportivo?
“Va avanti, siamo arrivati al progetto definitivo da approvare. Proprio in questi giorni c’è la consegna in Comune, poi nei primi giorni del 2017 dovremmo mettere la prima pietra. Lo spero. Lo speriamo perché è fondamentale sia per lo sviluppo della prima squadra, che per i settori giovanili vicini”.
In che senso?
“Se il Roselle si salva negli Juniores l’anno prossimo ci sarà una squadra maremmana in più, poi magari tre e così via. Tre eventuali squadre servirebbero a far formare 60 ragazzi nelle categorie regionali che poi diventeranno fuori quota per le squadre maremmane. Dove andranno andranno, non importa: aumenteranno comunque le squadre di Promozione, di Eccellenza e di Serie D maremmane”.
Sta parlando più di settore giovanile che di prima squadra. Quanto è importante per lei?
“Del Nero arriva dal settore giovanile del Grosseto, Mesinovic, Ferrari, Kacka e Serdino anche, e pure Di Roberto, Faenzi, Bartalucci e Raito. Chi denigrava quel settore giovanile deve per forza ricredersi. Se ci sarà una generazione di giocatori dopo i Franchi, i Saloni, i Rispoli, gli Angelini e gli Sgherri sarà per merito di quel settore giovanile, da lì arrivano i migliori. Era una fucina che forse non andava bene per la serie B, ma che ha prodotto ragazzi dai valori morali e calcistici importantissimi. Giocatori formati professionalmente, ragazzi educati e seri. Se la Berretti del Siena è formata per gran parte da ex biancorossi ci sarà un motivo, vuol dire che pur tra mille difficoltà lì si lavorava bene. Detto questo per me il settore giovanile non è una facciata, ma è la base. E’ l’unico modo per fondare un futuro calcistico in provincia di Grosseto. Qui i soldi non ci sono: o si lavora sui giovani e si formano, oppure il calcio maremmano sarà sempre destinato a restare il terzo mondo della Toscana. Ecco. io sogno Grosseto che non sia più la pecora nera del Granducato”.
E’ un messaggio, un invito alle altre società?
“Io parlo per la mia squadra, chiaramente questo è il mio punto di vista, non pretendo che qualcuno lo condivida ciecamente o che lo assecondi. Ma credo che evitando invidie e collaborando tra società piccole, perché tutti siamo piccoli, il movimento potrebbe diventare più grande e importante. Per noi la collaborazione con l’Invicta è importante, a loro serviva un portiere e glielo abbiamo prestato. Noi non abbiamo preclusioni verso nessuno: chi vuole collaborare troverà la porta sempre aperta. Se ognuno pensa da orto piccino invece che da latifondo si rimane piccoletti, con una squadra in D che fa fatica e un’altra che rende onore alla provincia ma che purtroppo non è la formazione della città capoluogo”.
Da tifoso cosa prova nel vedere il Grosseto in difficoltà?
“E’ un momento complicato, un momento più che complicato. Ma io ho vissuto altre epoche, altre epoche molte difficili, come questa e forse di più. So bene che è difficile è difficile venirne fuori, spero tanto che trovino le risorse necessarie, morali, mentali ed economiche per venirne fuori e sistemare le cose. A un tifoso grossetano vedere la sua squadra in un momento duro dispiace, e dispiace anche vedere un settore giovanile a cui sono rimaste solo due squadre”.
Sempre da tifoso grossetano, le dispiace non aver giocato allo Zecchini?
“A dire la verità poco o per niente. Noi siamo una squadra da guerra, abbiamo bisogno del nostro posto rugginoso per rendere al meglio. Del posto nel quale abbiamo il teschio del cinghiale attaccato al campo, i nostri feticci, le nostre tradizioni. Anzi ringrazio pubblicamente la ditta Barbini e chi ha lavorato nel campo: avere un campo finalmente piano, dove la palla adesso va dritta è veramente un miracolo e il miracolo l’ha fatto Andrea Barbini con il babbo”.
E quando il Roselle, magari in un’altra categoria, dovrà indossare anche un abito da sera?
“Ecco quel giorno io non sarò né presidente, né magazziniere. Per me la prima cosa che conta è il cuore, giocare con la bava alla bocca. Sono questi i principi su cui si fonda il Roselle, che ovviamente non disdegna neppure la bella giocata. Ma il cuore degli interpreti fino a oggi non ci ha mai traditi”.
Questo lo diceva anche Camilli.
“Chi vuole vincere deve essere sempre umile. Nel momento in cui ti accontenti, in cui smetti di volerti migliorare è la fine. Non accontentarsi crea rabbia e ti porta a essere sempre insoddisfatto, sempre a cercare qualcosa di più importante e di più bello. Il Roselle mette i suoi giocatori nella condizione di dare il massimo, prova a trattarli nel migliore dei modi. Quello che chiede in cambio è che quando escano dal campo non abbiano più neanche una goccia di sudore. Poi possono vincere o perdere, ma da noi avranno solo applausi. E’ quello che è successo qui, ecco perché dopo cinque anni siamo a parlare di un secondo posto in Eccellenza e di una finale di Coppa”.
Pensa che la vicinanza con Camilli l’abbia fatta maturare, da tifoso a presidente?
“Io sono così. Vengo dalla curva, non sono cresciuto nell’ovatta. La mia rabbia sportiva viene da esperienze brutte di vita. Certo conoscere Camilli come l’ho conosciuto, averci un rapporto intenso, potergli telefonare, capire come funziona, ascoltare i pareri di un uomo che è arrivato a una partita dalla serie A col Grosseto ed è un imprenditore con due attributi enormi, è molto importante. Capisci che forse sei anche simile a lui, anche se certo non ho le sue possibilità e resta irraggiungibile. Lui non ha solo comprato grandi giocatori, ma spesso grandi giocatori che non voleva più nessuno. Tre suoi allenatori oggi allenano Inter, Juve e Napoli. Non scherziamo, questo è uno che di calcio ne capisce tantissimo”.
Similitudini tra Us Grosseto e Roselle?
“Noi siamo partiti dalla Terza categoria senza nemmeno un campo in cui allenarci. Oggi siamo secondi in Eccellenza con 150 ragazzi nel settore giovanile. Il nostro miracolo lo abbiamo già fatto. Certo, ora dobbiamo fare in modo che la società cresca, perché quando cresce solo la testa e non i piedi altrimenti cadi per terra”.
Il caso Seravezza è chiuso?
“Vediamo. Io ho scritto quello che dovevo, perché quelle cose non le ho né dette né sentite. Ho chiesto a loro aiuto per individuare il responsabile, ad oggi non ha avuto risposte”
Firma per arrivare secondo?
“No che non firmo, non firmerò mai per arrivare secondo ma neanche primo. Io non voglio vincere senza lottare”.