GROSSETO – Era il 4 novembre del 1966. 50 anni fa la città veniva invasa dall’acqua e dal fango esondati dall’Ombrone. Giorni e giorni di piogge continue; i fiumi si erano ingrossati, i terreni erano ormai fradici, i campi allagati, nelle campagne la terra fangosa affondava sotto gli stivali. Poi alle 7.45 il fiume ruppe gli argini in tre punti e la città fu invasa dall’acqua: abitazioni, locali, bar. Il corso come un fiume con le case a fare da argine, le cose, gli oggetti trascinati via dall’acqua che raggiunse anche i tre metri. Le auto parcheggiate sulle Mura. Ma anche le campagne furono devastate.
Quando le acque si ritirarono lasciarono un carico di morte: gli animali, le mucche delle fattorie, tutte annegate. E per salvare la mandria morì anche il buttero della fattoria Acquisti, a Braccagni, Santi Quadalti (nella foto sotto) che si gettò nelle acque per aprire il recinto e far fuggire gli animali e invece perse la vita assieme a quelle bestie che voleva salvare.
L’opera di ricostruzione, guidata dal sindaco Renato Pollini, fu immane. Fu una specie di anno zero per la Maremma, ma, come ricordava lo stesso Pollini, la popolazione «non si pianse addosso ma seppe rimboccarsi le maniche per ricostruire la città». Una città che si scoprì sola ma vicina, una città che fece quadrato attorno a chi aveva perso tutto.