GROSSETO – «Quello che è successo a Prato non ci ha per nulla sorpreso – attacca Claudio Renzetti, segretario della Cgil maremmana – Il caporalato agricolo, infatti, è oramai una realtà diffusa in tutta la Toscana, e particolarmente radicata in provincia dii Grosseto. Lo abbiamo denunciato nell’ottobre 2015, grazie a un’inchiesta condotta sul campo dai compagni della Flai Cgil che ringrazio per la dedizione, lo abbiamo continuato a fare nei mesi successivi con un lavoro oscuro. Segnalando molte situazioni critiche e denunciando alle forze dell’ordine quelle più gravi». Parla così Claudio Renzetti, segretario della Cgil della provincia di Grosseto, che già in passato proprio dalla Maremma aveva lanciato l’allarme sul fenomeno del caporalato.
«Per questo oggi è determinante che la legge di contrasto al caporalato in discussione da lunedì prossimo in aula a Montecitorio, sia approvata velocemente e senza modifiche, così com’è. Perché ci sembra la base minima indispensabile per contrastare il fenomeno. Una posizione espressa anche dall’on. Luca Sani, presidente della XIII commissione Agricoltura della Camera, che condividiamo. In assenza di segnali netti, infatti, saranno sempre di più gl’imprenditori che si sentiranno autorizzati a ricorrere a metodi poco ortodossi, perché danneggiati da chi li pratica da tempo».
«Il nostro territorio, da questo punto di vista, non è completamente compromesso, ma la situazione è grave. Conosciamo bene le situazioni più delicate, così come conosciamo le dinamiche di funzionamento e le connivenze; da questa consapevolezza la nostra scelta di rilanciare periodicamente l’allarme, che è volto a tutelare la buona agricoltura e il buon lavoro».
«Non è più accettabile che in una realtà come la nostra, ci siano centinaia di persone ammassate in campagna e in città, nei paesi e nelle zone artigianali, sottoposte dai caporali a gravi vessazioni e ricatti continui. Speso in violazione dei diritti umani più basilari. Situazione che grida vendetta perché basata sullo sfruttamento delle persone attraverso un meccanismo ben oliato, che passa per imprenditori agricoli senza terra e imprese che sottoscrivono contratti di lavorazione formalmente corretti per 300 Euro a ettaro di vigna, quando con i voucher – la forma più precaria e con meno tutele che ci sia – ne occorrerebbero almeno 600. Una realtà composita composta da centinaia di contratti fittizi, che non garantiscono tutele e legittimano retribuzioni da fame».
«Uno degli aspetti inquietanti di questa grande questione sociale, infatti, riguarda i buchi legislativi che consentono a chi ha pochi scrupoli etici di infilarsi nelle maglie larghe di una normativa troppo equivoca. Anche per questo abbiamo chiesto alla Regione Toscana, che pure ha affrontato l problema, di fare di più e meglio, adottando finalmente linee guida e indici di congruità per valutare in modo affidabile costi e retribuzioni nelle diverse filiere agricole. Finché sarà lecito avere contratti “border line” tra imprenditori con la terra e intermediari di braccia, infatti, noi avremo in mano solo armi spuntate».
«In quest’ultimo anno la Cgil e i suoi militanti si sono presi dei rischi, battendo le campagne e denunciando alle autorità molte violazione delle norme e dei diritti delle persone, ma ne è valsa la pena. Ma la denuncia da sola non può bastare: ogni componente politica, istituzionale, economica e sociale deve fare la propria parte. Noi ci siamo».