GROSSETO – «La Cgil grossetana, che già da alcuni anni è impegnata nel contrasto al caporalato – dichiara il segretario della Camera del lavoro, Claudio Renzetti – manifesta la propria soddisfazione sia per l’approvazione al Senato Ddl 2217 ” Martina” sul contrasto al caporalato e per l’impegno della Regione Toscana di sottoscrivere un protocollo d’intesa per impedire o sospendere l’erogazione di fondi comunitari alle aziende che ricorrono al caporalato o al lavoro nero in agricoltura».
«Tuttavia pensiamo che non sia opportuno accontentarsi, perché a nostro parere mancano ancora alcune misure che taglino definitivamente l’erba sotto i piedi a chi recluta lavoratori sfruttandoli e a chi li utilizza. In particolare, siamo convinti che i meccanismi di deregolamentazione e delegificazione del mercato del lavoro introdotti negli ultimi anni, anche se formalmente corretti, abbiano di fatto costituito una sorta di ”incubatore dello sfruttamento” di chi lavora nel settore agricolo e non solo. E in particolare per le qualifiche professionali più basse.
Per questo apprezziamo l’introduzione di meccanismi più rigidi di controllo e l’estensione di alcuni reati anche a chi ricorre ai caporali, non più ai soli intermediari di lavoro illegale. Auspicando che presto il Ddl Martina diventi legge, peraltro, chiediamo di rivedere forme contrattuali spurie come i voucher, che per loro natura favoriscono l’evasione fiscale e contributiva. E chiediamo d’introdurre l’obbligo della tracciabilità dei pagamenti, anche a mezzo di una semplice posta pay ricaricabile, così da verificare e sanzionare in modo più efficace i tanti casi di buste paga formalmente regolari alle quali però non corrispondono i versamenti indicati, e che vengono caricate nel sistema informatico dell’Inps per poi riscuotere impropriamente i sussidi di disoccupazione. Infine, chiediamo alla Regione di adottare nuove linee guida per gl’indici di congruità».
«Su questi temi il nostro impegno – conclude Renzetti – continuerà ad essere intransigente. Perché uno dei problemi più gravi continua ad essere quello dell’enorme zona grigia entro in cui labili confini operano imprese di intermediazione del lavoro che eludono o chiamarono fisco e contributi previdenziali».