GAVORRANO – È una babele di dialetti, una babele di voci, una babele di storie quella messa in scena da Mario Perrotta per la stagione del Teatro delle Rocce. Lo spettacolo di ieri sera, presso la miniera di Ravi Marchi, ha portato gli spettatori nelle trincee della prima guerra mondiale.
La Grande guerra, dove per la prima volta si trovarono, fianco a fianco, i nuovi italiani di questa Italia appena fatta. I nuovi italiani che non avevano nulla in comune, se non la povertà. Non le tradizioni, tantomeno la lingua.
E proprio sulla lingua si snoda il lavoro fatto da Perrotta. Quello che ha creato è un grammelot inventato eppure comprensibile, in cui la frase in siciliano prosegue in veneto, in toscano, in ligure.
Immobile, seduto sopra ai sacchi di corda che facevano le trincee, la sua voce è un pugno allo stomaco, riproduce il suono delle granate, il buio, l’odore della paura, l’odore del sangue. «Io sono uno e nessuno, io sono il milite ignoto».