GROSSETO – La guerra del grano continua, con tanto di proteste in piazza e provocazioni utili a tenere alta l’attenzione. L’ultima in ordine di tempo, in merito alla battaglia intrapresa da Coldiretti, riguarda un aspetto poco confortante: agli agricoltori occorrono cinque chili di produzione di grano per poter permettersi un caffè. Per questo la battaglia va avanti, come spiega il direttore di Coldiretti Grosseto Andrea Renna: «Siamo tornati indietro di quarant’anni per quanto riguarda il settore, tra costi di produzione e ricavi. Impossibile continuare così. dobbiamo per forza di cose invertire il trend».
La battaglia di Coldiretti si sposta decisa dalle proteste alle proposte, con un paio di concetti basilari: «Il primo è senza dubbio l’etichettatura – prosegue Renna -. E’ un tema che a noi sta particolarmente a cuore, perché dobbiamo mettere in condizione i consumatori di sapere da dove provengono i prodotti che quotidianamente arrivano sulle loro tavole. L’altro aspetto è quello di promuovere e incentivare il consumo dei prodotti locali. Facciamo un appello alle persone in merito all’azione di marketing che abbiamo intrapreso: consumate, acquistate e regalate prodotti del territorio».
Anche il presidente di Coldiretti Grosseto Marco Bruni ribadisce il concetto: «La guerra del grano prosegue per dare dignità al lavoro nei campi. Continueremo con le manifestazioni, ma è giunto anche il momento di trovare soluzioni. Abbiamo visto che la nostra battaglia nazionale sull’etichettatura è stata ripresa dalla Francia che ha esteso il concetto a tutti i prodotti. Qua siamo ancora indietro, passi in avanti sono stati fatti sul latte, ma sul grano c’è ancora troppa incertezza. Ci sono speculazioni sui prodotti, soprattutto quando la produzione estera viene spacciata per italiana. Se le persone vogliono prediligere il prodotto estero sono liberi di farlo, ma non è giusto che il consumatore venga ingannato. Oggi vendiamo il grano al di sotto del costo di produzione, mentre navi provenienti dal Canada e dall’Asia arrivano nei nostri porti con carichi di merce rimasta da oltre tre anni nei silos. Per questo è fondamentale dare un futuro alle nostre aziende, attraverso una certificazione di qualità che è necessaria».
Una battaglia, quella sul grano che corre su di un binario quasi parallelo a quello della produzione del latte. In questo settore qualcosa in più è stata fatto, anche se Carlo Santarelli, presidente del Caseificio di Manciano, ripropone il paragone con la tazzina del caffè: «Nel nostro ambito possiamo affermare che servono tre litri di latte bovino e un litro di quello ovino per permettersi un caffè – dice -. Per essere competitivi sul mercato oggi serve tracciabilità certa e sicura, che faccia da garanzia. Non è normale e onesto ingannare il consumatore, quindi questa è l’unica strada da percorrere per sopravvivere nel nostro settore, dato che produrre all’estero costa meno rispetto all’Italia. A Manciano viene trasformato il 25% del latte toscano, per questo se arriva sul mercato prodotto concorrente di provenienza incerta, si mette in crisi tutto il settore. L’appello in prima battuta va alle istituzioni – conclude Santarelli -, in modo che ci sia la giusta tutela per gli agricoltori, mentre in un secondo momento ci rivolgiamo ai consumatori perché scelgano i nostri prodotti locali e garantiti».