GROSSETO – È con un documento di sette pagine che Marco Simiani annuncia le sue dimissioni dalla segreteria provinciale del Partito democratico. Un documento in cui il segretario dimissionario spiega la sua scelta e parla delle sconfitte elettorali alle amministrative, analizzando anche il percorso che il partito aveva fatto un anno fa quando l’accordo tra le anime del Pd lo portarono al vertice provinciale. Simiani insomma si assume le sue responsabilità, ma non risparmia la critica anche a chi nel partito ha messo a segno attacchi continui alla dirigenza.
«Come ho già anticipato – si legge nel documento che pubblichiamo integralmente in chiusura del pezzo – chiederò alla Presidente dell’assemblea di convocare il massimo organismo provinciale, per analizzare il voto e per decidere come gestire questa fase politica. Io arriverò dimissionario a questo appuntamento, gestirò l’ordinario fino all’assemblea, però credo che sia nostro dovere trovare la soluzione più giusta, ma soprattutto la più unitaria, perché lo dobbiamo ai nostri iscritti e ai nostri elettori. Credo che a noi, oggi, serva un percorso chiaro e lineare, ma deciso, da percorrere fino al prossimo congresso, che dovrà investire sicuramente sulla nuova classe dirigente».
Quindi da una parte Simiani fa un passo indietro, dall’altra chiede che il partito faccia un passo avanti nel segno dell’unità e in modo da trovare una soluzione condivisa che possa essere strategica in vista sia dell’appuntamento con il referendum costituzionale sia con la nuova stagione congressuale che il Pd si troverà ad affrontare nei prossimi mesi.
A questo punto si aprono nuovi scenari e l’assemblea provinciale segnerà un punto di svolta per il Pd che dovrà trovare un traghettatore che porti il partito al congresso di fine anno. Fare nomi sarebbe facile, ma anche un po’ velleitario perché di figure che possano subentrare a Simiani ce ne sono diverse. Adesso si tratterà di capire soltanto che tempi si darà il partito, ma è possibile che già prima della fine di luglio e delle “ferie” agostane il Pd abbia un nuovo assetto.
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Arriverò dimissionario alla prossima assemblea provinciale. Dobbiamo attivare insieme un percorso chiaro, lineare, ma deciso, da percorrere fino al prossimo congresso, per investire sulla nuova classe dirigente.
di Marco Simiani segretario provinciale Pd Grosseto
Chi esce sconfitto da questa tornata elettorale è certamente il nostro partito, il Partito Democratico. Siamo a un cambio di marcia? Credo di no, ma sicuramente il centrodestra, nonostante a livello nazionale abbia molte difficoltà, ha comunque ancora risorse per vincere nei territori. Il Movimento cinque stelle poi, non prende voti solo a destra e finché non si riesce a capire questo, non riusciremo mai a sconfiggerlo per davvero.
Questi possono essere i punti dolenti di questa tornata elettorale, ma credo che per capire veramente le nostre sconfitte abbiamo il dovere di approfondire le vere cause, facendo una riflessione, che non si fermerà solo in questa direzione, ma continuerà nella prossima assemblea provinciale che si terrà verso la fine del mese.
La domanda qui nasce spontanea, quali sono state le concause che hanno fatto perdere il centrosinistra in tre comuni su cinque in Provincia di Grosseto e in altri comuni in Toscana?
Alcuni dicono che il problema sia stato partire con la campagna per il referendum a maggio, altri che le riforme nazionali o regionali, non siano state capite, altri ancora affermano che sono stati gli atteggiamenti del Presidente del Consiglio, per la maggior parte dell’ opinione pubblica, però, la colpa è stata soprattutto della litigiosità fra gruppi all’interno del partito democratico, accentuata nella fase delle primarie. Questi elementi possono essere tutti veri, ma come si fa sempre in una comunità , non dobbiamo assolutamente dare la colpa a qualcosa o a qualcuno, senza che prima si sia fatta una oggettiva critica a noi stessi. Proprio da una essenziale autocritica a tutti i livelli, noi potremo trovare le cause reali della sconfitta e allo stesso tempo il modo per ripartire.
L’accordo di un anno fa che mi ha portato a fare il segretario, in cui abbiamo sottoscritto un documento dal nome “Unire”, è stato sicuramente seguito alla lettera da molti, ma non ha dato quel risultato che tutti noi speravamo, per questo, anch’io lo ritengo concluso.
Purtroppo in molte fasi di questo percorso, non è stato assolutamente capito come manifestare il proprio dissenso, ma soprattutto di come gestirlo, perché, solo quando il confronto avviene nei luoghi preposti può diventare un vero valore.
Invece no. Fin da subito abbiamo assistito ad attacchi che servivano a delegittimare il nuovo esecutivo e i segretari dei comuni che andavano al voto. Il modus operandi era sempre lo stesso, non rendere credibile, verso il nostro elettorato e i nostri alleati, le proposte e le soluzioni che il partito aveva elaborato, attraverso i percorsi democratici che gli organismi avevano ratificato.
Si è parlato di incompatibilità dei segretari, ci sono stati ripetuti attacchi ai dirigenti, sui quotidiani locali, si è assistito ad utilizzo sconsiderato e inopportuno dei social media, persone uscite dal partito o dall’alleanza perché non hanno riconosciuto il risultato delle primarie, poi si sono succedute azioni unilaterali anche a scapito del partito, senza che ci sia stato il minimo rispetto della nostra comunità e dei singoli ruoli.
Tutto si è verificato in un momento critico per gli enti locali, che stanno attraversando una delle crisi più difficili degli ultimi cinquant’anni. I tagli alle risorse, il ridimensionamento delle Province, la difficoltà dei comuni di rinnovarsi, tutto ciò ha sicuramente limitato le nostre azioni amministrative, ma sicuramente ha determinato una difficoltà nel dare risposte concrete ai cittadini. Le riforme (tutte da difendere) e i tagli ai servizi pubblici locali, la riforma della sanità regionale e i limiti a rimodulare le tariffe, per motivi che riguardano il passato , hanno fatto il resto.
Il lavoro dei sindaci, è comunque esemplare, perché tutti hanno affrontato in questi anni, molte difficoltà: alluvioni, dissesti idrogeologici, incendi, situazioni climatiche difficili e infine un quadro politico completamente mutato dal 2011 ad oggi.
Ci sono state decisioni difficili da prendere, soprattutto dopo che la diminuzione delle risorse è stato per i nostri sindaci il vero banco di prova per far quadrare i bilanci dei comuni. Ecco perchè quelle scelte devono essere difese: abbiamo preferito investire sui servizi socioassistenziali, sui servizi a domanda individuale, sulla cultura, sugli impianti sportivi, invece di manutenere qualche strada in più o sistemare le aiuole o i giardini della città.
La cosa però più importante è stata la diminuzione dell’indebitamento dei comuni, l’esempio più eclatante è Grosseto, che ha diminuito quasi del 40% il proprio debito. Per questo voglio ringraziare tutti sindaci e le loro giunte del lavoro svolto, con serietà e onestà. Credo che il partito debba essere orgoglio dei risultati conseguiti.
Sicuramente le sconfitte di Orbetello, di Grosseto e Roccalbegna bruciano tantissimo. I tre comuni dovevamo arrivare a questi appuntamenti più preparati, dovevano sciogliere i nodi irrisolti molto prima, dovevamo imprimere elementi di novità, ma soprattutto dovevamo eliminare gli elementi di contrasto.
In questi giorni convocheremo nelle varie unioni comunali gli organismi per capire caso per caso quali siano state le cause delle sconfitte e quali soluzioni dovremo prendere, per ripartire, da qui al prossimo congresso. La cosa che però voglio dire, è che ogni unione comunale ha deciso, in piena libertà, il proprio percorso, attivando tutti i processi democratici , condividendo però con il segretario e l’esecutivo, tutto quello che c’era da decidere.
Sul comune di Grosseto abbiamo avuto, come Pd, un brutto risultato, nonostante avessimo scommesso sul rinnovamento e su un candidato Sindaco che da molti era ritenuto un ottimo candidato , la città ha perso così una grossa opportunità. Abbiamo scelto di costituire la Lista Mascagni, sacrificando sicuramente i numeri del partito democratico, ma eravamo convinti che per raggiungere l’obiettivo, dovevamo aprirci alla società. Oggi però, dobbiamo ripartire dalle cose positive: dalle persone elette nel nuovo consiglio comunale, dal programma condiviso con gli alleati, ma soprattutto dobbiamo rimanere collegati con la società, introducendo elementi di grande novità, soprattutto nella classe dirigente. Il Pd deve continuare ad imprimere elementi di innovazione, perché solo così potremmo affermare i motivi per cui siamo nati.
Dobbiamo essere contenti di due vittorie per niente scontate, come Scansano e Castiglione della Pescaia. L’indiscussa preparazione ed esperienza dei candidati e la capacità di creare una squadra preparata e unita, hanno consentito al centrosinistra di vincere con numeri veramente importanti.
Nelle concause dobbiamo tenere conto anche delle azioni del governo Renzi. Il problema non sono le riforme o la sua determinazione, ma l’atteggiamento e il metodo che nelle varie fasi, il nostro segretario nazionale ha tenuto. Infatti più che i fatti sono state le parole e i toni che ha usato che in molte situazioni hanno creato un ’elemento di divisione in molti ambiti e nella realtà della società italiana.
Nel fare campagna elettorale abbiamo trovato questo problema, perché tutto questo importante lavoro non è arrivato direttamente ai cittadini, anzi è stato fuorviato dai messaggi virali sui social e da un’opposizione che ha utilizzato il messaggio più facile, cioè quello della demonizzazione e della paura.
Gli sbarchi degli immigrati, la crisi delle banche, la sicurezza, ma soprattutto il peso di portare avanti alleanze non naturali per una legislatura che aveva l’obbligo (visto la nostra situazione con l’Europa) di fare riforme strutturali, sono stati facili appigli per il M5S e per la Lega per motivare un voto contro.
Questa analisi fatta da molti cittadini e anche dai nostri elettori, trova sfogo soprattutto nella parte più debole della società: anziani, disoccupati, piccoli imprenditori e fra i lavoratori della pubblica amministrazione. Qualcuno lo chiama populismo, altri lo chiamano antipolitica, io la chiamo politica. Politica, perché sui problemi della povera gente dobbiamo fare di più.
Su questo dobbiamo essere oggettivi; le azioni che il governo Renzi ha intrapreso, sul sociale, la riforma sul lavoro, la diminuzione delle tasse, la riforma costituzionale e la riforma sui diritti civili, sono atti incontrovertibili che evidenziano il grande lavoro del governo e del Pd.
Ma queste importanti azioni riguardano per la maggior parte riforme strutturali che daranno sicuramente un beneficio, nei prossimi 2-3 anni. Questo ci impone una riflessione profonda ma immediata, perché dobbiamo dare subito risposte ai ceti meno abbienti nella prossima legge di stabilità.
Questo non vuol dire che dobbiamo accettare le proposte del M5S sul reddito di cittadinanza. L’Italia, come ha detto il nostro segretario nazionale, è una Repubblica fondata sul lavoro e sul sussidio. Ecco perché noi dobbiamo assolutamente chiarire, soprattutto con il nostro elettorato, che per sconfiggere la povertà, dobbiamo aumentare la crescita della nostra produttività. Chi propone altre soluzioni non solo sbaglia, ma rompe quel principio per me essenziale, che non ci può essere diritto senza responsabilità.
Certo che non possiamo limitare il nostro approfondimento solo sulle cose che sono andate male, sarebbe un errore, perché il nostro partito, soprattutto in questi ultimi anni, è al governo del paese e al governo di molti comuni e regioni e ha dimostrato con forza e determinazione che risolvere i problemi degli italiani è possibile. La decisione della Commissione europea sul creare uno spazio di flessibilità sul deficit è “senza precedenti”: circa 13,6 miliardi di euro. Questo dimostra che la strada intrapresa dal nostro governo è giusta e che possiamo risolvere molti problemi dei cittadini.
C’è molto da fare. C’è davvero molto lavoro da fare. Aprire gli occhi sul Paese Reale, su quello che sta avvenendo seriamente. Lo scollamento con la cittadinanza deve diminuire. Bisogna essere costantemente presenti sul territorio, incentivando il tesseramento; dobbiamo mettere da parte i personalismi perché non siamo un club privato dove la gente lavora solo con gli amici.
Dobbiamo recuperare i giovani e non solo attraverso i DG ma anche attraverso la nostra capacità di creare loro una caso. Ho letto attentamente il documento dei Giovani Democratici e sono d’accordo con loro nell’affermare che, specialmente nei momenti di crisi, si debba ripartire anche da loro. Però dobbiamo condividere il concetto che l’età anagrafica non può essere l’unico elemento di rinnovamento nel partito, perché credo che solo attraverso il merito, l’impegno e la militanza possiamo creare una nuova classe dirigente, senza limiti di età.
Noi lo abbiamo fatto nel passato congresso e specialmente in questo ultimo anno dove abbiamo creato spazi politici e di crescita nel corso dell’attività del partito.
Credo che il primo nostro contributo sia quello di far rinascere i circoli del Pd e di dare un forte impulso all’organizzazione del partito, perché è da lì che si misura la capacità della classe dirigente e da lì che si comprendono le esigenze dei cittadini.
Al di là degli appuntamenti per le selezioni democratiche dei dirigenti di questo partito, dobbiamo assolutamente creare, soprattutto nelle varie elezioni, degli spazi di rappresentatività, accompagnati da momenti di formazione politica, per garantire quel cambio generazionale essenziale per far vivere il nostro partito.
Il PD deve essere al servizio del cambiamento. E’ l’ultima speranza per la democrazia nel nostro Paese. Non esiste democrazia senza partiti, ma sta ai partiti e al maggiore tra questi ,riformare su basi nuove, il rapporto tra politica e società.
Per farlo occorre rinnovare profondamente la missione del nostro PD , avendo come fine non solo il buon governo delle istituzioni, cosa comunque necessaria, ma un profondo cambiamento, capace di ridare speranza ad un paese e ad una regione ed una provincia stremati dalla crisi.
Dobbiamo colmare l’abisso che si è aperto tra i bisogni dei cittadini e la propria rappresentanza. Per farlo occorre restituire alla politica il senso di uno sguardo lungimirante, la forza di tornare a progettare con radicalità una società nuova, fondata sul merito, la libertà, l’uguaglianza e il lavoro, liberandosi dall’idea della politica come gestione ordinaria dell’esistente o peggio come amministrazione di un potere più o meno illuminato.
La sfida è costruire non solo una società che cresca, ma una società più giusta, che è poi l’unica condizione per tornare a crescere davvero.
Un progetto di rigenerazione del partito non sta né nell’idea di un partito pesante fuori dalla storia, né nell’idea di un permanente comitato elettorale al servizio delle ambizioni di pochi, ma nell’idea di un partito comunità che si propone di rappresentare le energie migliori della società e non di occuparla. Un partito che fa una scelta di campo netta e che si schiera per il cambiamento con la volontà di mettere in discussione tutte le rendite di posizione e le stelle fisse di una politica, di una cultura e di una società che ha bisogno di avere nuovi orizzonti.
Il cambiamento è il destino della sinistra. Rimettiamoci in cammino, sapendo, per fortuna, che in Toscana e in Provincia di Grosseto non partiamo da zero, partiamo da un percorso di rinnovamento che è iniziato da tempo nel nostro partito, e che ha investito su persone e su idee, ha cominciato a cambiare in profondità i nostri gruppi dirigenti e ha impresso un segno anche a tante nuove amministrazioni locali, portandoci da ultimo alla vittoria nelle elezioni regionali.
Tuttavia sappiamo anche che non possiamo accontentarci e che tutto questo non basta. Dobbiamo avere la volontà di costruire una nuova classe dirigente per Grosseto ed un vivo progetto politico e di sviluppo per la nostra terra.
Questo significa pensare al ruolo del nostro partito come ad una grande infrastruttura di pensiero, di persone, al servizio della prosperità civile, culturale, politica ed economica del nostro territorio. Significa pensare meno a quello che succede tra noi e di più a quello che accade fuori da noi, un percorso per migliorare il rapporto con i cittadini e per ampliare un sistema decisionale , essenziale per fare cose utili, indispensabile pe aumentare consensi.
Un partito che discute è un bel partito. Ma un partito che vuole incidere nella realtà e nelle vita amministrativa delle istituzioni e della società, è un partito che deve poter decidere in tempi brevi e con autorevolezza. Gli organismi pletorici, specie di direzione politica, cui abbiamo assistito in questi anni non consentono né la rapidità delle decisioni, né la forza delle scelte. Esiste un problema di velocità della politica e anche uno di indeterminatezza delle sue posizioni. E’ giusto che gli organi assembleari siano ampi per garantire la massima rappresentanza di tutti i territori. Non è giusto che le Direzioni e le Segreterie ne seguano l’esempio.
Non mancheranno occasioni di analisi in tutti gli organismi del partito. Come ho già anticipato chiederò alla Presidente dell’assemblea di convocare il massimo organismo provinciale, per analizzare il voto e per decidere come gestire questa fase politica. Io arriverò dimissionario a questo appuntamento, gestirò l’ordinario fino all’assemblea, però credo che sia nostro dovere trovare la soluzione più giusta, ma soprattutto la più unitaria, perché lo dobbiamo ai nostri iscritti e ai nostri elettori. Credo che a noi, oggi, serva un percorso chiaro e lineare, ma deciso, da percorrere fino al prossimo congresso, che dovrà investire sicuramente sulla nuova classe dirigente.
Però dobbiamo renderci conto che questo è anche un momento di grande responsabilità, perché da domani dovremo concentrare tutto il nostro impegno sul referendum costituzionale. Un appuntamento che riguarda non solo una comunità politica, ma l’occasione di un cambiamento vero e profondo per tutto il Paese.
Non voglio soffermarmi sull’importanza del quesito e sulle difficoltà in cui il nostro paese possa un’altra volta sprofondare, se il referendum avesse un esito negativo. Per questo è essenziale che tutto il gruppo dirigente sia impegnato, per raggiungere un risultato positivo.
Le attività nelle prossime settimane saranno molte: le elezioni provinciali, la pianificazione della struttura del partito e dei circoli, dove l’equilibrio fra attività politica e compatibilità economica dovrà essere trovato, la festa provinciale dell’unità, ma soprattutto, la discussione sul territori per la gestione di tutti gli appuntamenti di pianificazione e programmazione, come il PSR.
Voglio però evidenziare due elementi per la nostra futura discussione. Il primo è di come si sta in un partito, di quali principi e regole dobbiamo adottare per lasciare un’ eredità migliore alla nuova classe dirigente. Noi potremmo cambiare anche 10 segretari, ma se prima non chiariamo questo punto non potremo presentare ai nostri iscritti e ai nostri elettori un partito più equilibrato e più sano. Il secondo è quale indirizzo vogliamo dare al nostro partito. Io sono sempre stato per un partito che si evolve e non conservativo, per una sinistra del coraggio e non della conservazione, con l’unico obiettivo di fare l’interesse del paese, fare l’interesse dei cittadini.