GROSSETO – Una vasta operazione che ha portato all’arresto di sette persone, scardinando una banda di spacciatori che vivevano tra Marina di Grosseto e Braccagni e che operavano nelle pinete tra Marina e Castiglione, vera centrale dello spaccio al dettaglio per la nostra zona.
Free-wood: questo il nome dell’operazione del Nucleo investigativo dei Carabinieri coordinata dalla Procura della Repubblica e che ha coinvolto sette persone, tra tunisini e italiani.
Nel corso delle operazioni sono stati sequestrati 200 grammi di cocaina e 100 di eroina per un valore di 50 mila euro. I clienti erano i più vari, e venivano anche dalla Val di Cornia ad acquistare la merce. I veri e propri spacciatori erano gli stranieri, mentre gli italiani, clienti dei primi, facevano loro da autisti, da pali, da galoppini, e arrivavano anche a rifornirli di cibo.
Durante le indagini è emerso anche un legame con la morte di un uomo di 39, che acquistava droga dal gruppo, e il cui cadavere era stato rinvenuto nel settembre 2014 nella zona dell’Ampio, nel comune di Castiglione della Prescaia.
Ad accompagnare i tunisini con le loro auto sempre tossicodipendente italiani, che venivano pagati in droga. Aree boschive, ma anche il parcheggio di una discoteca a Castiglione, o le zone di Braccagni, Roselle e dopo la galleria che porta verso Follonica.
Le indagini sono state condotte tramite intercettazioni sia telefoniche che ambientali, ma anche con pedinamenti e appostamenti. In un caso un carabiniere si era finto un cercatore di funghi, e aveva atteso l’arrivo degli spacciatori che per segnalarsi la presenza reciproca avevano iniziato a fischiare.
Sempre dalle intercettazioni è emerso come i tossicodipendenti che non potevano pagare offrissero agli spacciatori oggetti rubati (in un caso ad esempio un televisore di ultima generazione).
Di questa stessa organizzazione facevano parte anche altri sette uomini che furono arrestati in flagranza a dicembre scorso. Durante l’operazione la pineta è stata battuta palmo a palmo con i cani antidroga per recuperare stupefacenti. Sono ancora in corso le indagini per capire quali fossero i grossisti da cui la banda di tunisini, tutti regolari in Italia, si rifornisse.