BRUXELLES (BELGIO) – Stanno bene, impauriti magari, ma stanno bene e sono al sicuro. Questo ci stanno rispondendo i Grossetani che vivono a Bruxelles e che siamo riusciti a contattare.
«Ero sulla metropolitana quando è avvenuto l’attentato, in direzione Roger, a tre fermate dal luogo di una delle esplosioni» così Michela Nunes, grossetana che vive e lavora a Bruxelles racconta come ha vissuto e sta vivendo quest ore drammatiche per la capitale del Belgio. «Ci hanno fatto evacuare in urgenza il metro incitandoci a correre – racconta -. Arrivata nel luogo dove lavoro ci hanno chiuso dentro l’edificio presidiato da militari. Da pochi minuti abbiamo avuto il via libera per rientrare a casa. Ma non ci sono mezzi e la città è deserta. Tornerò a piedi visto che la città è deserta e non ci sono mezzi di trasporto».
«Quando è avvenuto l’attentato ero sull’autobus e stavo andando a scuola» racconta Samuele Fischietti, che vive e lavora in Belgio, proprio a Bruxelles da quattro anni. «Quando ho saputo dell’attentato ho cercato di pensare ad altro, ho cercato di sdrammatizzare la situazione anche se non è stato facile con il susseguirsi delle notizie. Ovviamente un po’ di paura c’è perché la città è stata colpita seriamente ma c’è grande fiducia nella macchina della sicurezza belga».
Samuele Fischietti è direttore di un centro parascolare pomeridiano in cui si insegna lingua, sport e arte per i ragazzi di età tra i 4 e i 18 anni. La mattina non ci sono ragazzi e gli insegnanti fanno attività amministrativa. «Io insegno e vivo in due zone centrali ma abbastanza lontane dalla zona dell’aeroporto e del quartiere europeo dove sono avvenuti gli attentati – prosegue Fischietti che al momento si trova a scuola – e siamo in attesa di notizie dalla polizia federale in meritoo ad una eventuale chiusura della scuola e conseguente “coprifuoco”. Sono tranquillo nonostante le sirene, gli elicotteri e le chiamate dei genitori impauriti che ci chiedono notizie in merito all’apertura o meno della scuola».
«Comunque – conclude Fischietti – Bruxelles rimane per me una città luogo di incontro e integrazione tra culture. è densa di associazioni e comitati che lavorano per quello e le comunità che hanno una storia più lunga di immigrazione (quella marocchina per esempio) sono parte della società belga».
Al momento del’attentato era invece a casa Gioia Storai che vive e lavora a Bruxelles da dieci anni. «Vivo in un quartiere tranquillo ma ho chiamato la scuola di mia figlia chiedendo di poterla andare a prendere in anticipo perché loro di solito escono alle 15.20 – racconta -. Mi hanno chiesto di aspettare l’intervallo per non creare panico nei ragazzi, che comunque erano stati informati, e ora siamo a casa. La raccomandazione per tutti è di non uscire di casa. Siamo tanti stranieri a lavorare qui perlopiù per la Nato o alla Comunità Europea, Bruxelles è una città di integrazione, ma fatta di tante piccole realtà».
Sta bene anche Paola Caselli, che lavora ala Commissione europea e, come ha scritto su Facebook, abita poco distante dal luogo degli attentati. Sono molti coloro che stanno usando l’applicazione di Facebook per far sapere a parenti e amici che stanno bene.