GROSSETO – Nel 2015 i “voucher” acquistati in Toscana per pagare personale avventizio sono stati quasi 8 milioni. Di questi, 569.718 sono stati ritirati dai datori di lavoro in provincia di Grosseto.
«Proprio in queste settimane – esordisce il segretario provinciale della Cgil, Claudio Renzetti – in una realtà a fortissima vocazione turistica come la nostra si stanno chiudendo gli accordi fra aziende e lavoratori stagionali, la cui incidenza sullo stock provinciale della forza lavoro è di alcune decine di migliaia di persone.
Ebbene, con l’esplosione dei voucher che hanno superato il mezzo milione di ore, quasi raddoppiati sul 2014, questi lavoratori già precari per definizione in quanto impiegati in attività stagionali, stanno subendo un ulteriore processo di precarizzazione. Nemmeno più assunti con contratti a tempo determinato, infatti, con il trionfo dei voucher non avranno neanche accesso alla Naspi per il periodo invernale. Un fenomeno speculare, peraltro, a quel che sta avvenendo anche in agricoltura. Ma a ben guardare non solo lì.
Ce lo dicono i dati impressionanti forniti dall’Inps sul ricorso ai voucher: a farla da padrone sono il settore terziario con 92.385 buoni lavoro nel commercio, 130.165 nel turismo e 48.271 nei servizi, mentre i settori che avrebbero dovuto essere ‘protagonisti’ (quasi assoluti) come giardinaggio, lavoro domestico e attività sportive coprono meno del 15% dei buoni venduti, con la stessa agricoltura a meno del 5%.
Il dato più significativo, però, riguarda i buoni lavoro che l’Inps stessa non riesce a classificare: ben 237.389 voucher – pari al 41,66% del totale – che solo in parte minoritaria riteniamo siano da riferire al settore manifatturiero, mentre gli altri sono da redistribuire proporzionalmente tra i settori già elencati.
Da questo quadro d’insieme la Cgil trae conclusioni davvero poco esaltanti. In una provincia nella quale gli occupati totali sono meno dei disoccupati, e dove mancano più di 10.000 posti di lavoro per stare nella media regionale del tasso di disoccupazione, stiamo assistendo passivamente allo scivolamento di un’altra fetta importante di lavoratori nell’area dell’occupazione iper precarizzata e a bassissima soglia di tutela previdenziale. Un processo che dequalificherà ulteriormente il lavoro e produrrà una progressiva espulsione di lavoratori con buone competenze, sostituiti da disperati disponibili a fare qualunque cosa a qualunque prezzo. E in definitiva a una perdita di potere d’acquisto per molti, e la parallela concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi. I voucher, pertanto, stanno realizzando l’eterogenesi perfetta dei fini: pensati per far emergere il lavoro nero, stanno trasformando il lavoro a tempo determinato in lavoro sotto-retribuito, facendo in molti casi da paravento all’evasione retributiva e contributiva.
Allargando lo sguardo, infine, constatiamo che il piccolo incremento dei posti di lavoro a tempo indeterminato, è prevalentemente figlio degli sgravi contributivi e non del sopravvalutatissimo Jobs Act. Che ha solo apportato un abbassamento delle tutele del lavoro, consentendo i licenziamenti senza alcun tipo di garanzia per i lavoratori.
Con la discussione sulla Carta dei diritti universali del lavoro – conclude Renzetti – la Cgil ha iniziato una nuova moderna battaglia di emancipazione: se il Governo non riformerà radicalmente i voucher, il primo referendum che sottoporremo ai lavoratori sarà quello per la loro abolizione».