GROSSETO – «Si divertiva a guardare come veniva spento l’incendio che lui stesso aveva appiccato e per questo restava spesso nei dintorni, a rimirare la sua opera» e anche questo uno degli elementi che ha portato all’individuazione prima e all’arresto poi di un grossetano di 42 anni accusato di essere il Piromane di Barbanella. Lo racconta il procuratore Raffaella Capasso mentre ripercorre le tappe che hanno portato all’arresto di un uomo con l’accusa di aver bruciato 35 tra auto e moto.
«Si è cercato di individuare elementi comuni tra i vari incendi – afferma il colonnello dei carabinieri Francesco Tocci – ma non ce ne erano se non l’area geografica in cui sono stati compiuti. Abbiamo escluso contesti di criminalità organizzata, e intensificato i controlli nella zona».
L’uomo era stato notato più volte nelle zone degli incendi prima o dopo che il fuoco venisse appiccato. «Poi, a maggio scorso – ricorda il maggiore Andrea Lachi -, qualcuno lo vide inginocchiato a fianco di una vettura, nella parte anteriore dell’auto». L’uomo fuggi ma chi lo aveva visto lo riconobbe. Era sempre più fondata la pista del piromane, mentre i sospetti si addensavano attorno al grossetano a suo carico arrivò la richiesta di arresto da parte della Questura di Arezzo perché in una trasferta fuori città aveva appiccato il fuoco ad un ristorante.
I carabinieri del Nucleo investigativo hanno scoperto che la casa piromane, che abita a Barbanella con i genitori, è posta esattamente al centro rispetto ai vari luoghi degli incendi. Si muoveva a piedi, colpiva, restava nei paraggi a guardare il suo “lavoro” e poi rientrava rapidamente a casa limitando il rischio di essere visto. La particolare pericolosità veniva anche dal fatto che prediligesse auto parcheggiate vicino a contatori del gas o sotto i portici delle abitazioni.
Per lui sono stati disposti i domiciliari visto che, da quando la Questura di Arezzo lo ha messo ai domiciliari, l’uomo ha rispettato gli arresti e gli incendi non ci sono più stati. Nei prossimi giorni per lui sarà disposto l’incidente probatorio in cui verrà effettuata la perizia psichiatrica per capire la reale capacità di intendere dell’uomo.