GROSSETO – Non un raptus, non la rabbia di un momento, ma un omicidio pianificato nei giorni precedenti. È quello che sarebbe emerso durante le indagini sull’omicidio di Giuseppina Pierini, la donna il cui corpo è stato ritrovato a novembre scorso in un roveto di un vecchio casale nella zona di Marsiliana nel comune di Massa Marittima.
Dalle testimonianze del nipote dell’anziana, Gino, che ha accusato la madre, Maria Grazia Guidoni, dell’omicidio, la mamma del giovane, e figlia della donna uccisa, avrebbe acquistato anche una vanga, nei giorni precedenti, per seppellire l’anziana una volta uccisa. Le novità sono emerse nel corso di una conferenza stampa tenuta questa mattina dalla Procura di Piacenza.
Tutto era nato da una confessione del giovane che si era presentato ai Carabinieri di Follonica per raccontare quanto avvenuto tre anni prima a Pontenure, in provincia di Padova. Il giovane aveva raccontato come la madre avesse ucciso la nonna, cercando di avvelenarla e poi, siccome non moriva, soffocandola, di come lui avesse assistito a tutto. Poi maria Grazia aveva chiesto l’aiuto del figlio, allora 19enne, per caricare il corpo in auto e trasportarlo a Marsiliana, in un podere che in passato era stato di proprietà della famiglia e che adesso era disabitato.
Il ragazzo ha raccontato di aver rimosso tutto, la memoria di quanto accaduto, e che i ricordi erano tornati dopo un violento litigio con la mamma. A quel punto aveva chiesto al secondo compagno della donna, con cui lui aveva mantenuto buoni rapporti e con il quale, una volta tornato in Maremma, viveva, di accompagnarlo dai carabinieri che, di notte, erano andati al podere e nel roveto avevano ritrovato le ossa della donna scomparsa tre anni prima.
Dalle indagini condotte dai Carabinieri di Follonica con la collaborazione del reparto operativo di Piacenza sarebbe emersa la corrispondenza degli acquisti fatti, la vanga per seppellirla appunto (all’inizio sembra che l’idea fosse quella di interrarla in un piccolo giardino condominiale a Pontenura). Poi i due avevano fatto 400 chilometri di strada per portare il corpo (nascosto nel bagagliaio) in Maremma, volevano seppellirlo, ma la terra era troppo dura. Avevano allora tentato di smembrarlo con la vanga, ma anche questo era risultato impossibile, e così erano saliti al primo piano del casale da dove avevano buttato il cadavere in un roveto sottostante.
La storia della famiglia Guidoni-Pierini è lunga e intricata. Maria Grazia, dopo la fine del primo matrimonio da cui erano nati Gino e il fratello, era tornata a vivere con i genitori a Marsiliana, ma gli anziani non erano contenti della decisione della figlia e erano nati alcuni contrasti. La donna aveva poi trovato un nuovo compagno da cui erano nati altri due figli; l’uomo aveva cresciuto anche i figli nati dal primo matrimonio di lei. Ma anche questa seconda storia era finita. Infine una terza storia, con un uomo della zona di Piacenza. Per lui Maria Grazia si era trasferita a Pontenure con i figli, l’anziana nonna e la madre, Giuseppina. Le due donne non stavano bene e così era lei a gestire i beni e le pensioni delle due. Sino a quando, pochi giorni prima dell’omicidio, il tribunale aveva tolto alla donna la delega sui soldi della madre. Maria Grazia era infatti accusata di maltrattamenti sulla madre, un’accusa che, una prima volta, era emersa quando abitavano ancora a Massa Marittima, dopo che l’anziana era finita in ospedale.
Giuseppina era diventata più un problema che una risorsa, e così sarebbe maturato l’omicidio. Alle resistenze del figlio, soggiogato dalla madre, avrebbe risposto «Non ti preoccupare, se ci scoprono mi prendo io la responsabilità». La notte tra il 2 e il 3 luglio sarebbe avvenuto l’omicidio, mentre la bisnonna del giovane (madre della vittima) dormiva in un’altra stanza. Poi il 4 Maria Grazia aveva fatto denuncia di scomparsa della madre. Questa mattina intanto si è svolto l’interrogatorio di garanzia per Maria Grazia Guidoni che si è avvalsa della facoltà di non rispondere.