GROSSETO – «Appena pochi giorni fa siamo intervenuti per esprimere, ancora una volta, la necessità di una programmazione delle attività commerciali che tenesse conto di un equilibrio tra le diverse forme in cui può essere esercitato e dobbiamo nuovamente intervenire su questo tema. Il commercio è l’unico settore concretamente liberalizzato nel nostro Paese, e si che ve ne sarebbe bisogno in ben altri settori prima ancora che in esso, ma non possiamo sottrarci dal fare i conti con la normativa vigente. L’unico strumento a disposizione affinché le città, nel nostro caso Grosseto, non divengano soltanto dei centri commerciali sottraendo spazi alle tante altre funzioni di cui i cittadini hanno necessità è la programmazione urbanistica». Così Confesercenti introduce l’argomento della variante al regolamento urbanistico.
«Vorremmo quindi conoscere meglio la rivisitazione del regolamento urbanistico del Comune di Grosseto che ha peraltro previsto quei 500m. che non esistono in alcuna fonte normativa. Già l’indagine del Sole 24 ore dello scorso anno indicava Grosseto come una delle aree in cui il rapporto tra residenti ed insediamento della Grande Distribuzione Organizzata era tra i più alti in Italia – aggiungono da Confesercenti -. Ci chiediamo, anche a fronte di una idea di città che vorremmo vedere svilupparsi, dove sia il bacino di utenza per tanta diffusione di media e grande distribuzione. E allora dov’è il tentativo di un equilibrio che consenta alle imprese di rimanere nel mercato».
«Nei giorni scorsi abbiamo visto esprimere nobili considerazioni per la chiusura di storiche attività commerciali della nostra città che hanno contribuito a renderla più vivibile per i residenti, a riconoscersi in una comunità ed anche più attrattiva per i turisti, ma i processi in corso, anche se non sono ovviamente gli unici ad aver contribuito a questi cambiamenti devono tenere conto anche e soprattutto di questo».
«Riferiamo, auspicando che ciò costituisca un elemento di riflessione, le stime del nostro Osservatorio nazionale. Anche nel 2015 il bilancio tra aperture e chiusure di negozi, bar e ristoranti sarà in rosso, con un saldo negativo di oltre 29mila imprese. Un crollo meno grave di quello registrato nel 2014 che si è attestato a meno 34mila ma comunque peggiore delle attese. Il calo delle chiusure, il primo in cinque anni, è infatti quasi annullato dalla frenata delle aperture, stimando che inizieranno l’attività circa 37mila nuove imprese, contro le 42mila che hanno aperto lo scorso anno e le 45mila nel 2013. Non siamo nella condizione di avere ad oggi i dati della nostra città e della nostra provincia ma sicuramente possiamo affermare che la ripresa economica è appena percepita ed alcune scelte che potrebbero essere compiute non aiuterebbero sicuramente il suo decollo. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di contrazione per il commercio in sede fissa, la ristorazione ed il servizio bar. In totale dal 2011 ad oggi, questi settori hanno registrato circa 207mila aperture e 346mila chiusure per un saldo negativo di poco meno di 140mila imprese – concludono -. Auspichiamo quindi una riflessione più attenta di chi è chiamato a compiere le scelte sul governo del territorio e che queste siano precedute da un confronto con le organizzazioni di rappresentanza delle imprese».