Ad un mese dalle stragi di Parigi Andrea De Sensi, un maremmano appassionato della capitale francese è tornato sotto la torre Eiffel, come fa ogni anno in questo periodo. Era a Parigi anche quando ci furono gli attentati al giornale satirirco a Charlie Hebdo e in quell’occasione De Sensi, che è anche un apprezzato artista, disegnò una vignetta che consegnò personalmente ai redattori superstiti del giornale satirico.
De Sensi e la moglie sono tornati, proprio in questi giorni, a Parigi, e realizzeranno per il nostro giornale una sorta di diario di viaggio, raccontandoci, passo passo, come si vive nella capitale francese in questo delicato e particolare momento. Questa è la seconda puntata.
PARIGI – È il giorno dopo, il mese dopo e, per Parigi e i parigini è un altro fine settimana del post 13 novembre che si è consumato all’insegna dello stare nella propria casa. Una nuova forzata abitudine che ha cancellato la tradizione ottocentesca di consumare il pranzo lavorativo e le cene festive fuori casa. Incontro Chloè la proprietaria dell’alloggio che ci ospita in questi giorni, ha poco meno di trent’anni, laureata, si occupa di “travel guide” per una società di multi servizi di Parigi, lei è nata qui e adora la sua città, ma con un’aria di rassegnazione mi confida che è fortunata perché il suo lavoro le permette di viaggiare, prossima tappa Detroit, di evadere da una situazione che si è fatta pesante…
Più tardi ho occasione di incontrare un giovane manager italiano che occupa un importante ruolo presso una nota casa automobilistica, passa da sempre le sue vacanze a Porto Ercole, e sono già dieci anni che vive a Parigi con moglie e figli nati qui, nonostante la carriera folgorante e un promettentissimo futuro, anche lui mi rivela alcune perplessità ed un crescente disagio: la sua voglia di normalità che non trova più qui, la sua voglia di far crescere i suoi figli nella “tranquilla provincia italiana” a costo di compromettere la carriera sua e di sua moglie… Testimonianze inaspettate specie per uno che come me adora questa città e che per primo per questo ne carpisce la palpabile diversità dal solito.
Sono agli Champs Elysees, all’Alsace, un Bistrot dove solo pochi mesi fa era impossibile entrare senza prenotazione; il cameriere non parla volentieri, ma basta guardare la grande sala e contare i tavoli vuoti, anche se i clienti vengono disposti sapientemente per ovviare al senso del vuoto. Ma la conferma viene visitando i luoghi del Natale parigino, i “mercatini di Natale”, i luoghi della Fede e il centro dello shopping: gli Champs Elysees presidiati dalle Forze dell’ordine, ospitano oltre che la via dello shopping per antonomasia, anche il più grande ed importante mercatino di Natale, poche le persone presenti, per lo più turisti spagnoli e pochi italiani; a S. Germain Des Pres, mercatino semi deserto e qui come a Notre Dame dove c’è una discreta fila per varcare la Porta Santa del Giubileo della Misericordia, e all’Hotel De Ville, il Municipio, niente abete natalizio per pericolo di installazione di ordigni tra i rami.
Per poter dare conto della situazione, vinco la paura e salgo sulla ruota di Parigi che dai primi del secolo campeggia per le festività su Place de la Concorde e sui giardini de les Tuileries: le immagini sono eloquenti e non necessitano di commenti, è chiaro che il tentativo di credere che tutto possa sembrare normale, è una illusione che si scontra con la dura realtà della paura.