GROSSETO – Una lettera aperta per una riflessione che il presidente della Fonazione Il Sole di Grosseto vuole offrire alla discussione e all’opinione pubblica dopo il caso dell’allontanamento di Matteo, il ragazzo down che gli arbitri non hanno voluto in panchina durante una gara di pallavolo.
Ecco la lettera di Massimiliano Frascino
La spiacevolissima vicenda con involontari protagonisti Matteo e Andrea Bartolini si presta a molte considerazioni. Vorrei evitare il sensazionalismo, convinto che sul terreno dei diritti delle persone con disabilità bisogna scongiurare i toni retorici. Per essere rispettosi delle persone di cui si parla, soprattutto quando non sono completamente in grado di autodeterminarsi.
Impedire a un ragazzo con la sindrome di down di sedere in panchina durante una partita di palla a volo, confligge prima di tutto con il buon senso, non c’è dubbio. Quel buon senso troppo spesso sottovalutato, e che tanti piccoli e grandi problemi contribuirebbe a superare se fosse esercitato.
Nel caso di Matteo, tuttavia, mi sembra ci si sia spinti oltre la semplice ottusità. Nell’atteggiamento degli arbitri leggo infatti una volontà discriminatoria precisa, non a caso esplicitata ricorrendo all’argomentazione del rispetto delle regole della Fipav. Quando proprio quelle regole erano state scrupolosamente rispettate dalla società Pallavolo Orbetello, che aveva chiesto una deroga per Matteo, concessagli, iscrivendolo a ruolo come dirigente. Cosa della quale è difficile pensare i due arbitri non fossero a conoscenza in un ambiente circoscritto come quello della pallavolo toscana.
Le regole che sono una garanzia per tutti, anche per le persone con disabilità come Matteo, sono state quindi paradossalmente utilizzate come leva per una discriminazione. Nella migliore tradizione degli “azzeccagarbugli” che s’improvvisano interpreti dei regolamenti per giustificare il proprio punto di vista.
Ma questo è solo l’esito, o meglio l’escamotage. Dietro questa perversione dei mezzi, c’è il vero problema di un deficit culturale che continua a penalizzare le persone disabili, specialmente quelle con disabilità psichica e intellettiva. E cioè precludergli esperienze che la vulgata ritiene non siano alla loro portata, decidendo quindi per loro cos’è giusto e cosa non lo è.
Voglio dire che siccome Matteo non è stato ritenuto in grado di svolgere il ruolo di allenatore, gli si è impedito l’accesso alla panchina. Non considerando per niente la sua volontà di provare quell’esperienza per viverla secondo il proprio punto di vista. Tanto più che il suo ingresso in campo non comportava nessuno stravolgimento delle regole sportive, che in quanto tali devono valere per tutti. Persone disabili comprese.
Tutto questo, a sua volta, è la conseguenza di una visione a compartimenti stagni delle persone: per i “sani” vale questo, per i disabili quest’altro. Sfumature e contaminazioni non hanno senso: la separazione è netta. Un atteggiamento manicheo, ascientifico e in definitiva disumano.
Concludo augurandomi che da questo gesto di discriminazione si possa trarre una lezione in positivo. È chiaro che perché questo avvenga, occorre che la Fipav della Toscana sanzioni il comportamento dei due arbitri. Le conquiste di civiltà, infatti, non possono che essere sancite da atti di chiarezza.
Massimiliano Frascino, presidente della Fondazione Il Sole