CINA – Federico Steri 23 anni di Paganico, studente di relazioni internazionali all’ Università LUISS Guido Carli di Roma, selezionato per uno scambio bilaterale a Shanghai in Cina.
Come hai deciso di partire per Shanghai?
“Non avendo fatto l’Erasmus, avevo interesse nel provare un’esperienza di studio all’estero. La mia università aveva aperto dei bandi per gemellaggi di studio con varie città nel mondo tra cui Rio De Janeiro, Hong Kong, e Shanghai era una delle mete, più ambite, per cui avevo scelto di concorrere. Non mi aspettavo di vincere anche perché i partecipanti erano molti e altamente qualificati, invece ce l’ho fatta e a fine luglio sono partito.”
Come è stato il primo impatto?
“Abbastanza buono. Shanghai ha poche attrazioni turistiche tradizionali, è una città che vive di economia. E’ tecnologicamente molto avanzata, e offre tanto lavorativamente. Il vero problema all’inizio per me è stata la lingua, l’80% della popolazione al di fuori del mondo del business e dell’ università parla solo cinese, il che rende più difficile integrarsi con le persone e le abitudini del luogo.
Adesso parli cinese?
“Ho imparato le basi frequentando un corso prima di partire, che mi aiuta nella quotidianità, ma non posso dire ancora di parlare cinese, è una lingua complessa che richiede tempo. Quello che ho imparato a fare bene è contrattare, si contratta ogni acquisto, è nella loro cultura, specie se sei straniero devi sapere come fare per evitare di spendere cifre inadeguate su tutto!”
Come è l’esperienza universitaria in Cina?
“Al contrario di quello che mi immaginavo, I corsi sono frequentati da poche persone, a volte solo 10. Ciò intensifica molto questa esperienza, che è motivante e aiuta a creare un rapporto di fiducia e rispetto con il docente. Anche la didattica è più dinamica che in Italia. Qua la verifica, la produzione e il lavoro di gruppo sono durante tutto l’anno. Questo oltre a essere stimolante distribuisce meglio la mole di impegno e ti abitua a ritmi diversi, più simili al mondo del lavoro che a quello universitario.”
Quali sono i pregi e difetti di queste differenze secondo te?
“Questo metodo ti porta ad entrare molto più nella materia, farla tua e ragionarci davvero, perché sei sempre a contatto con quello che fai. L’altra cosa che apprezzo è la contemporaneità degli argomenti approfonditi. In Italia abbiamo molta cultura, ma è un’enorme quantità di nozioni. Se ricordo l’ultimo esame di storia contemporanea che ho dato a Roma, arrivava fino alla guerra dei Balcani… cosa un po’ assurda dato che nei 20 anni successivi ad oggi sono sono accadute diverse cose. E’ inutile analizzare teorie politiche contemporanee se non si applicano agli eventi della storia recente. Senza dubbio però il lavoro qua è molto stressante, io mi sento ‘privilegiato’ in quanto da studente internazionale, devo seguire la metà dei corsi rispetto ai regolari iscritti, quindi posso apprezzare quello che faccio con tempi intensi ma più umani. Mi rendo conto che un ritmo tale per i 10- 12 corsi delle facoltà può essere tosto da sostenere. Come in tutto bisognerebbe trovare una via di mezzo.”
In questi mesi ti sei ambientato facilmente?
“Più di quanto pensassi. Sono un po’ stupito. Il salto da Paganico, dalla Maremma, ma anche da Roma a Shanghai è stato grosso e temevo sarebbe stata dura trovarmi a mio agio e fare amicizie. Invece ho fin da subito conosciuto persone interessanti e piacevoli da tutto il mondo, ma ho soprattutto stretto amicizia con persone italiane, perché la lontananza da casa in un paese così diverso ti porta a cercare la tua comunità di riferimento, è un processo naturale credo. Shanghai è una enorme metropoli, nessuno ti conosce e nessuno ti parla per strada… per me è un po’ alienate. Avere degli amici con cui vederti, parlare e condividere esperienze è vitale in una dimensione del genere. Sono contento di esserci riuscito in poco tempo…”
Dopo l’esperienza di Shanghai prevedi di continuare all’estero?
“Quello che faccio mi porta inevitabilmente a relazionarmi ancora con l’estero, ma non rimarrei a Shanghai. Con l’auspicio e l’aspirazione di lavorare in Italia io ci proverò, ma è ancora difficile , non solo per le scarse possibilità, ma anche perché il nostro Paese dà molta meno fiducia, responsabilità e incarichi ai giovani, al contrario di ciò che accade a livello internazionale. Capirò meglio alla fine di questo anno in Cina, spero di fare le scelte giuste.”