GROSSETO – Sono dati interessanti quelli contenuti nel Dossier Immigrazione, l’annuario realizzato dal Centro Studi Idos, giunto quest’anno alla sua 25esima edizione.
Al lieve incremento demografico della popolazione straniera in Toscana registrato anche nello scorso anno – circa 396mila presenze, solo il 2,1 per cento in più rispetto alle 387mila censite nell’anno precedente – e a dimostrazione che la crisi non fa distinzione tra etnie, non ha fatto seguito un aumento degli occupati.
Una “frenata” dunque nei flussi di occupazione in Toscana che produce per il secondo anno consecutivo una riduzione dei lavoratori stranieri (-1,1% rispetto al 2013).
Un saldo altrettanto negativo, di conseguenza, nel rapporto tra assunzioni e cessazioni dei rapporto di lavoro (-816) e una riduzione delle rimesse ai Paesi d’origine – passate dai 604milioni del 2013 ai 587 dell’anno successivo –.
Nel quadro problematico dell’occupazione, l’incidenza dei lavoratori nati all’estero sul totale degli occupati segna comunque un aumento – l’incidenza più alta si registra Prato (30,2%), seguita da Firenze (20,4%) e da Grosseto (19,5%), Arezzo (18,1%), Siena (16,3%), Pistoia (16,1%), Livorno (13,7%), Lucca (13,3%), Massa Carrara (12,4%) e Pisa (11,9%). L’area costiera – con l’eccezione di Grosseto – non è soltanto quella con la minor presenza di lavoratori nati all’estero, ma anche l’unica in cui tale l’incidenza è maggiormente diminuita – il fenomeno si è verificato soprattutto a Livorno (-0,9%) ma anche a Massa Carrara (-0,3%), a Pisa e a Lucca (-0,1%) –.
Il 55,5% degli occupati nati all’estero risulta impiegato nei servizi, il 31,5% lavora nell’industria e il 7,3% nell’agricoltura (il 5,8% non è risultato attribuibile ad alcun settore).
L’agricoltura impiega oltre il 10% degli occupati in quattro province: Grosseto (26,8%), Siena (18,6%), Arezzo (15,0%) e Pistoia (11,8%).
Toscana regione d’immigrazione: è straniero un residente su 10, in provincia di Grosseto l’incidenza della popolazione straniera raggiunge il 9,7 per cento.
I permessi di soggiorno (lavoro e motivi familiari) non rinnovati in Toscana sono stato 14.737 e a Grosseto 351 (probabilmente persone che hanno perso il lavoro e non sono stati nelle condizioni di rinnovarlo)
La Toscana rimane una delle grandi regioni d’immigrazione di Italia e d’Europa, con una incidenza degli immigrati sulla popolazione residente (10,5%) superiore alla media nazionale (8,2%) e a quella della Ue (6,7%).
Una interessante lettura la offre la distribuzione territoriale degli immigrati: due su tre vivono nella cosiddetta “Toscana dell’Arno” quella che ospita i principali distretti industriali e che va da Arezzo a Pisa passando per le province di Prato e Firenze. Nei territori che costeggiano il fiume più importante della Toscana, infatti, che vivono oltre i due terzi degli immigrati (272.675, pari al 68,9%).
Le province attraversate dall’Arno, di conseguenza, sono quelle che realizzano le incidenze più significative: anche quest’anno, infatti, la graduatoria regionale è guidata da Prato (dove è straniero il 15,8% dei residenti) seguita da Firenze (12,5%) Siena (11,3%) e Arezzo (10,9%). Grosseto, con il suo 9,7% si colloca al quinto posto.
Il numero delle imprese avviate da immigrati con sede in Toscana sfiora le 50 mila (1.923 le imprese “straniere” aperte a Grosseto), sono quasi tutte di piccolissime dimensioni (se non a gestione individuale) e costituiscono il 12,1% del totale – una percentuale tutt’altro che trascurabile, che colloca la regione ben al di sopra della media nazionale (8,7%) –.
L’incidenza di queste imprese è massima a Prato (25,4%), seguita nell’ordine da Firenze (14,3%), Pisa (12,1%), Massa Carrara (10,5%), Pistoia (10,2%), Livorno (9,8%), Arezzo (9,6%), Lucca (9,3%), Siena (7,4%) e Grosseto (6,7%).
«In termini generali – commenta Renzo Alessandri, direttore di Cna Grosseto -, due sono i dati di maggiore interesse. In primo luogo, il fatto che anche nel 2014 sono state le imprese fino a nove addetti a impiegare la quota prevalente di occupati nati all’estero (74,6%) ; subito dopo, la presa d’atto che tre nuovi assunti su quattro abbiano cominciato a lavorare in una micro-impresa. Una ulteriore riprova, ammesso che ve ne fosse bisogno, della funzione sociale svolta dall’artigianato e del legame inscindibile tra la piccola impresa e il territorio che la accoglie, un territorio su cui questa diffonde lavoro e benessere».