GROSSETO – Per difendere la propria salute bisogna sapere e scegliere bene cosa si mangia. Le aziende artigiane italiane utilizzano metodi di produzione e di conservazione tradizionali e naturali che niente hanno a che vedere con l’uso massiccio di additivi e conservanti artificiali diffuso in altri ambiti produttivi. Le nuove norme sull’etichettatura forniscono ampie garanzie al consumatore ed è possibile acquistare in sicurezza insaccati, salumi e carne rossa trattata, a patto che questa carne sia lavorata in modo corretto.
A certificare l’alta qualità del cibo made in Italy è anche il numero di specialità alimentari italiane riconosciute e tutelate dall’Unione europea con i marchi DOP (Denominazione di origine protetta), IGP (Indicazione geografica protetta) e STG (Specialità tradizionale garantita) che impongono il rispetto di disciplinari di tutela della lavorazione e provenienza delle materie prime. L’Italia è leader nell’Ue per quantità di prodotti difesi da questi marchi di qualità. Per quanto riguarda le carni fresche sono cinque e per le preparazioni di salumi sono ben 37.
“I problemi – spiega Riccardo Subissati, dirigente di Confartigianato Imprese Grosseto e produttore di insaccati con la sua azienda Salumi Subissati di Roccastrada – scaturiscono dagli allevamenti intensivi: quando si lavora male si possono creare simili allarmi. Il passato dovrebbe averci insegnato che non rispettando i tempi dei processi di produzione si creano situazioni che danneggiano tutto il settore. Finché sarà il prezzo il primo aspetto tenuto in considerazione, allora accadranno fatti simili. Io le chiamo truffe autorizzate”. Basterebbe semplicemente comprendere una volta per tutte che la differenza di costo tra un prodotto industriale e uno artigianale e di qualità è minima.
“In un caso, però, si ha la certezza di ciò che si mangia, dei tempi di preparazione, della provenienza delle materie prime e del ciclo di lavorazione – fa osservare Riccardo Subissati – mentre nell’altro caso invece no. Noi crediamo profondamente nel lavoro che facciamo: utilizziamo al minimo prodotti chimici proprio per tutelare i nostri prodotti. Tutti devono iniziare a capire che il bassissimo prezzo va necessariamente a discapito della qualità. L’Italia dovrebbe fare come i Paesi stranieri dove da almeno dieci anni hanno capito che la prima domanda da porre non è ‘quanto costa?’ ma ‘com’è stato fatto?’. Le nostre sono produzioni artigianali, controllate e garantite, e i nostri prezzi non sono inaccessibili ma poco più alti di quelli praticati dalla grande industria. Iniziamo a educare il consumatore come hanno fatto all’estero spiegando tutti i processi: allora certi allarmi non arriveranno più, perché gli italiani sapranno che cibo hanno davanti e com’è stato fatto”.