ISOLA DEL GIGLIO – Far conoscere un modello virtuoso capace di salvaguardare la biodiversità, proteggere i mari, i loro delicati ecosistemi e le coste italiane. È questo l’obiettivo della campagna informativa voluta dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, assieme al Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano e realizzata dalla Goletta Verde. Un viaggio lungo le aree marine protette italiane che vede schierata in prima linea la storica imbarcazione di Legambiente che da trent’anni naviga ogni estate per difendere i mari e le coste del nostro Paese.
Mercoledì 21 ottobre Goletta verde ha fatto tappa all’Isola del Giglio, dove ha presentato le proposte e le soluzioni della Marine Strategy. Presenti per l’occasione, oltre ad Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente e Sergio Ortelli sindaco del Comune di Isola del Giglio, anche Giampiero Sammuri presidente Parco nazionale Arcipelago Toscano, Sebastiano Venneri responsabile settore Mare Legambiente, Marco Katzemberger presidente associazione Club qualità Parco Adamello Brenta e Rosa Tantulli, dirigente scolastica scuola media Giglio. La campagna ha fatto tappa da lunedì 19 a venerdì 23 ottobre in Toscana (all’Isola del Giglio e all’Elba) con incontri, workshop e visite guidate destinate alle scuole del territorio.
Il tour speciale – che ha già toccato le regioni Liguria, Campania e Lazio – si inserisce appieno nelle iniziative che il Ministero dell’Ambiente sta portando avanti in questi anni per affrontare il tema della Marine Strategy, la direttiva 2008/56 sull’ambiente marino che prevede il raggiungimento del buono stato ecologico, per le acque marine di ogni stato membro, entro il 2020, sulla base di 11 descrittori che considerano tutti gli aspetti legati all’impatto delle attività umane sull’ambiente marino come la pesca insostenibile, l’introduzione di sostanze inquinanti, rifiuti e specie aliene. Tra questi il problema dei rifiuti, nei mari e sulle spiagge, sta assumendo proporzioni davvero preoccupanti: stando alle stime del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (FAO) sono oltre sei milioni di tonnellate i materiali solidi e pericolosi di origine umana che vengono scaricati ogni anno nei mari del mondo.
“Le specie aliene e i rifiuti marini rappresentano una minaccia per la biodiversità e un pericolo per la tutela del mare da qui agli anni futuri. L’attuazione della Marine Strategy e il raggiungimento degli obiettivi al 2020 rappresentano quindi una grande opportunità per i nostri mari – ha spiegato Sebastiano Venneri, responsabile Mare di Legambiente -, per questo è necessario lavorare per assicurare la chiusura delle attività di studio entro l’anno, così come previsto dalla direttiva europea, e passare il prima possibile alla fase successiva, quella di attuazione di interventi per il raggiungimento del buono stato ecologico dei nostri mari entro il 2020”.
“La nostra scuola ha un gap che lo Stato – ha spiegato Sergio Ortelli, sindaco dell’Isola del Giglio – non ci riconosce. Contrariamente a come sta facendo deve riconoscerci qualcosa per il grande sforzo che
facciamo quotidianamente. Parlando della Concordia, invece, posso dire che tutto quello che è stato costruito sul fondale verrà portato via. E al termine dei lavori, nel 2016, potremo mettere finalmente la parola fine a questa storia”.
“Da diversi anni il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare è in prima linea per raggiungere gli obiettivi che ci impone la direttiva della Marine Strategy. Il parco nazionale dell’Arcipelago toscano ha aderito con entusiasmo alla possibilità di fare il capofila di una campagna informazione, che vede lo strumento nella storica imbarcazione di Legambiente, la Goletta verde, e il coinvolgimento di numerose aree protette. “Attraverso questa campagna vogliamo dare un contribuito al raggiungimento degli obiettivi utilizzando le idee, le azioni e il know-how di tante forze in campo – spiega Giampiero Sammuri, presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e di Federparchi -. Attraverso l’azione delle aree marine protette i territori possono giocare un ruolo fondamentale nella custodia e nella cura della biodiversità marina e costiera, ma possono anche essere da stimolo per la crescita e lo sviluppo di un’economia locale responsabile e sostenibile”.
Non da meno il problema della specie aliene nei nostri mari che rappresenta a livello globale la seconda causa di perdita di biodiversità. Legambiente afferma che, secondo uno studio del Centro comune di ricerca dell’Ue, che ha esaminato i dati di oltre 986 specie esotiche, stiamo assistendo alla più grande invasione in corso sulla Terra: quasi 1.000 specie aliene si sono “trasferite” nel Mediterraneo da mari esotici per colpa delle attività umane. I risultati suscitano preoccupazione soprattutto perché queste acque sono l’habitat di oltre 17.000 specie di cui il 20% non si trova in nessun altro luogo. Tra le specie aliene troviamo 60 specie di alghe introdotte accidentalmente a causa dell’acquacoltura al largo della costa di Venezia e della Francia sudoccidentale, oltre a circa 400 specie di pesci vertebrati alieni che sono approdati nei nostri mari passando proprio dal Canale di Suez. Tra questi, il barracuda del Mar Rosso, cresciuto nel corso degli anni sia di numero che di taglia che ha creato scompiglio soprattutto nei luoghi dove convive con la spigola, che essendo predatore solitario è incapace di competere nell’attività di caccia con i branchi di barracuda. Introdotte accidentalmente dall’uomo, a causa dell’aumento e della globalizzazione del traffico marittimo; migrate tramite i canali naturali o artificiali, importate per fini commerciali, per esempio per l’acquacultura: tutti questi fattori hanno portato a una sempre maggiore diffusione di specie alloctone nel Mediterraneo. Il rischio è quello di modificare il delicato equilibrio biologico, frutto di migliaia di anni di evoluzione, e di introdurre specie che entrino in competizione per cibo e habitat con le specie autoctone, che introducano agenti patogeni e che creino delle specie ibride, provocando così mutamenti radicali all’ambiente. Inoltre vi è un danno economico causato dalle specie aliene, le quali possono essere causa di una diminuzione della produttività agricola, forestale e ittica, della riduzione delle risorse idriche e del degrado del suolo e dei sistemi infrastrutturali.