PRAGA – Sandro Sebastiani, 34 anni di Grosseto è un archeologo accademico e professionista. Dopo anni di studio e lavoro all’estero, insieme a due colleghi adesso porta e forma in Maremma i futuri archeologi di tutto il mondo.
Quando è nata la passione per l’archeologia?
“Ho iniziato a scavare nel 1998, avevo 16 anni. Posso dire che è sempre stata la grande passione della mia vita. Quindi mi sono iscritto ad Archeologia Medievale a Siena e subito dopo la laurea, nel 2005 ho vinto un dottorato sempre all’Università di Siena.”
Quando è stata la tua prima esperienza all’estero?
“Nel 2003 grazie a rapporti diplomatici tra l’Università di Siena e un’Università inglese sono partito per andare a scavare in Albania a Butrinto, un sito archeologico patrimonio dell’Unesco. Ho cominciato come volontario per finire come Direttore di scavo, e lì mi sono avvicinato professionalmente al professore inglese che mi ha poi seguito per molti anni. Sempre a Butrinto, nel 2007 quel professore mi propose un contratto temporaneo come ricercatore associato all’ Università di Nottingham, dove sono stato da Settembre a Dicembre del 2007.”
Dopo cosa è successo?
“Mi hanno proposto un altro contratto temporaneo come ricercatore a Philadelphia negli USA stavolta, dove ho lavorato da Gennaio a Giugno 2008. Quasi tutto il 2009 l’ho speso a Norwich, come consulente archeologo della Butrint Foundation e dopo sono tornato in Italia per finire il dottorato e con due miei colleghi, Matteo Colombini e Elena Chirico, decidemmo di tentare un nuovo progetto in Maremma.”
Di cosa si trattava?
“Contattammo il parco Regionale della Maremma e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e con loro nel 2009 abbiamo dato vita al ‘Progetto Archeologico Alberese’ che da allora, e spero per molti anni a venire, sta portando avanti gli scavi nella nostra zona. Abbiamo scavato ritrovamenti importanti di rilievo internazionale, come il tempio romano Diana Umbronensis, poi il Quartiere Manifatturiero a Roselle sull’ultima ansa del fiume Ombrone e adesso stiamo scavando una villa marittima sempre nella stessa zona.”
Come è cresciuto negli anni questo progetto?
“Non è stato facile, c’è voluto ed ancora ci vuole tanto duro lavoro. Il primo anno eravamo noi tre archeologi assieme al personale della Soprintendenza, e abbiamo finanziato tutto noi. L’anno dopo, per fortuna abbiamo ottenuto dei finanziamenti dalla Fondazione Monte dei Paschi per cui abbiamo accolto i primi 60 studenti per due mesi, e nel 2012 abbiamo vinto un finanziamento della Cassa di Risparmio di Firenze per la pubblicazione di un volume sul tempio romano Diana Umbronensis che ci ha aiutato a farci conoscere di più nelle Accademie internazionali.”
Quali università straniere hanno aderito al progetto?
“Dal 2011 l’interesse è andato crescendo. La prima è stata la John Cabot University che è una delle università americane a Roma, i cui studenti di archeologia partecipano da anni alle nostre field schools o campi scuola sui nostri siti, a loro si è aggiunta la British School di Roma e poi la University of Queensland dall’Australia, con la quale abbiamo iniziato un nuovo programma invernale insieme all’Università di Siena, per cui ogni anno 12 studenti e un docente studiano e lavorano sullo studio dei reperti in Maremma. Dal 2015 stiamo collaborando anche con la Michigan State University e il The College of New Jersey per lo studio antropologico dei resti scheletrici di Roselle, progetto in collaborazione anche con la Soprintendenza e il Museo Archeologico di Grosseto che diresse gli scavi e il ritrovamento dei resti negli anni ’80”
La tua personale esperienza all’estero invece come è continuata?
“Grazie ai primi risultati di questo progetto, nel 2011 ho potuto fare richiesta per una borsa di studio europea post dottorato d’eccellenza, (Marie Curie Intra-European Fellowship) che prevede 504 posti in tutta Europa. L’ho vinta e da settembre 2012 per due anni ho lavorato come ricercatore nel dipartimento di Archeologia dell’University of Sheffield in Inghilterra”
Come è stata l’esperienza inglese?
“Lavorare all’università di Sheffield per me è stato fenomenale. E’ una borsa di formazione, quindi come ricercatori abbiamo a disposizione ogni laboratorio e strumento necessario ai nostri progetti, al fine di migliorare e aumentare le competenze professionali. Io mi sono specializzato in archeologia dei paesaggi e in petrografia. Contemporaneamente l’università mi ha dato anche la possibilità di insegnare sia a studenti della triennale che quelli dei master, studenti che poi ho portato a lavorare sugli scavi che seguivamo all’Alberese e che dopo hanno approfondito e portato avanti gli studi sui ritrovamenti di quelli scavi.”
Dopo Sheffield cosa hai fatto?
“Ho concluso la mia borsa di studio a settembre 2014 e tre giorni dopo mi è stata affidata una cattedra temporanea nel dipartimento di Archeologia alla Charles University di Praga, dove sono rimasto fino a Maggio 2015. A Luglio sono tornato in Italia per lavorare con gli studenti americani e australiani sugli scavi del ‘Progetto Archeologico Alberese’ fino ad Agosto.”
Che progetti hai per il futuro?
“Sto cercando lavoro nelle istituzioni universitarie e non, affini alla mia figura professionale di archeologo, in tutto il mondo. Proverò anche in Italia, ma la rarefazione dei concorsi e la difficoltà di accesso alle cariche italiane mi spingono sempre di più verso l’estero. Continuo e continuerò comunque a lavorare con i miei colleghi al Progetto Archeologico Alberese per aumentarne il prestigio internazionale e la qualità dei lavori, sperando di avere a livello locale lo stesso riconoscimento che abbiamo dall’estero. È anche grazie a noi che la Maremma, la sua cultura e la sua storia è conosciuta e apprezzata nel mondo.”