GROSSETO – “Sono necessari tempi certi e una maggiore attenzione all’agricoltura. E’ inutile fare convegni, o parlare in ogni dove di qualità e della necessità di sburocratizzazione delle procedure quando poi si compiono errori marchiani come sta compiendo la Regione Toscana”.
Sono parole pesanti quelle mosse alla macchina amministrativa fiorentina dal direttore di Confagricoltura Grosseto, Paolo Rossi che si riferiscono a due questioni in particolare, ossia al PSR e al PRAF. Nel primo caso il dirigente dell’associazione agricola ricorsa che il 15 maggio scorso sono scadute le domande relative alla misura 11 del PSR (piano di sviluppo rurale) relative alla implementazione di attività biologiche.
“Ebbene, la Regione, non potendo presentare il bando, aveva predisposto un pre-bando al quale hanno aderito le nostre aziende. Ad oggi – aggiunge –, dopo oltre quattro mesi e in procinto di preparare i letti di semina, non c’è stata nessuna risposta e non è arrivata alcuna comunicazione alle imprese sulla accettazione delle domande, mettendole in seria difficoltà sulla definizione delle colture future. Quello che trovo pesante è che si continui a creare un disagio fortissimo lasciando sempre il problema agli agricoltori che sono gravati da una burocrazia non solo asfissiante ma anche economicamente dannosa”. Il secondo caso riguarda invece la zootecnica di qualità, alla quale non viene data la giusta importanza. Infatti la misura A.1.6. del Praf, il piano regionale agricolo, con la quale la Regione sostiene le attività volte a conseguire e diffondere il miglioramento genetico del patrimonio regionale, sia con l’obiettivo di migliorare la competitività degli allevamenti, sia di valorizzare gli usi sostenibili del territorio rurale e conservare la biodiversità, è al palo. In particolare con l’azione b, l’amministrazione punta ad incentivare il miglioramento qualitativo degli allevamenti attraverso il ricambio dei riproduttori selezionatiti e l’incremento del loro numero. “Fino allo scorso anno – spiega il direttore Rossi – , erano concessi contributi in conto capitale alle aziende per l’acquisto dei capi (il 25% per le femmine e il 40% per i maschi). Si trattava di un contributo per migliorare la qualità della razza con animali in selezione e certificati. È stato così fino al 2014. Purtroppo, a causa della spending review, l’azione non è stata finanziata, creando danno alla aziende venditrici ed a quelle compratrici. Si parla da sempre – conclude – e ci si riempie la bocca del benessere degli animali e della genetica di selezione e poi, quando si tratta di aiutare concretamente con politiche promotrici, furbescamente ce ne dimentichiamo”.