GAVORRANO – Cosa ci fanno Iago e Otello accanto ad Accattone e Mamma Roma? Cosa ci fa una disfatta Ophelia di borgata inseguita da un guardiano di cimitero che la vuole sposare? Perché tutti questi personaggi, come anime senza pace, si incontrano e si intersecano, in un vecchio cimitero da restaurare?
È uno spettacolo surreale quello che è stato messo in scena ieri sera dalla compagnia teatrale Katzenmacher al teatro della miniera di Ravi Marchi. Lo studio del direttore della comapagnia, Alfonso Sant’Agata, sulle figure del teatro di Shakespeare, si interseca con i personaggi di Pier Paolo Pasolini Mamma Roma, Accattone, ma anche Iago e Otello così come li ha rappresentati Pasolini nel film “Le nuvole” interpretato da Totò e Ninetto Davoli.
Sono maschere tristi, incattivite dall’odio, dalle delusioni, da una vita che non è anadata come avrebbero voluto, o sperato. Iago, verde in faccia come la sua bile, pieno d’odio e di invidia verso l’amore che lega Otello e Desdemona. Lo stesso Otello che crede troppo facilmente a Iago, Ophelia, svampita che cerca il suo Amleto, e rifiuta l’amore del becchino Nicola. E Calibano, l’immigrato che ha fatto soldi restaurando cimiteri, ma che ancora rimpiange la sua isola natale, dove vive la sua mamma, e che spera presto di rivedere.
Lo spettacolo della Katenmacher è la prosecuzione di quegli esterno scespiriani messi in scena lo scorso anno al Teatro delle Rocce. Questa volta però le anime dolenti dei morti sembrano non aver dimenticato le miserie di quando erano in vita, anzi, la morte li ha incattiviti. Tutti, meno forse Mamma Roma, che riflette sulla sua vita amara, e si aggrappa all’idea che comunque tutto quello che fa, giusto sbagliato, sia per il figlio, per garantirgli un futuro migliore, a Roma in una bella casa, in un “quartiere di signori e di gente per bene”. Una speranza che si infrange alla fine: quando, come una moderna Maddalena, si copre la testa sotto la croce su cui muore Accattone.
Di sottofondo, la voce di Pasolini chiude lo spettacolo:
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.
Lo spettacolo andrà in scena in replica questa sera e domani 8 agosto.