di Barbara Farnetani
MILANO – Le intercettazioni telefoniche sono state la chiave del blitz che è avvenuto stamani all’alba in provincia di Milano, Grosseto, Bergamo e in Albania e che ha portato all’arresto di cinque persone legate a vario titolo alla Jihad, una delle quali anche a Grosseto mentre altri cinque sono tutt’ora ricercate.
Le indagini, come è stato ricordato durante la conferenza stampa avvenuta oggi a Milano, erano partite nell’ottobre scorso. Gli inquirenti hanno ricostruito l’avvicinamento alla religione islamica di Maria Giulia Sergio, che si era convertita anni fa, ma che negli ultimi tempi aveva visto al sua posizione estremizzarsi e radicalizzarsi anche grazie ai contatti via web con una donna canadese. La donna voleva andare a combattere in Siria e proprio per questo, attraverso un’amica albanese, aveva cercato un marito che la pensasse come lei. Lo aveva alla fine trovato, e quando lui, Aldo Kobuzi, era giunto in Italia dall’Albania, in una decina di giorni i due si erano sposati, erano venuti a Grosseto, nel comune di Scansano, dove lui aveva alcuni parenti (sopra la casa dove hanno abitato), e da qui si erano preparati per la partenza, a settembre 2014.
Dalle intercettazioni emerge come la donna avesse convinto i familiari (residenti a Milano) a lasciare tutto e partire: il padre si era licenziato e avevo ottenuto la liquidazione. La famiglia stava vendendo i mobili su internet e la madre aveva richiesto il passaporto. Il collegamento tra Italia e combattenti era tenuto da un contatto in Turchia che faceva sapere cosa fare e come comportarsi: l’uomo raccomandava di non portare telefoni di ultima generazione, ma solo vecchi modelli, di gettare la scheda telefonica appena arrivati e sostituirla, arrivare con bagaglio leggero, meglio se una sola valigia, e poi, una volta sul posto, iniziare l’addestramento, ma anche fare pressione sui familiari rimasti perché si aggiungessero ai cosiddetti foreign fighters, gli stranieri che combattono per l’Isis.
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