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GIUNCARICO – Sono tre le tombe della necropoli etrusca di San Germano che sono state recuperate e che oggi fanno parte dell’area archeologica di Rocca di Frassinello, inaugurata questa mattina a Giuncarico nel comune di Gavorrano.
Un progetto di valorizzazione del patrimonio storico del territorio che si completa con la mostra esperienziale sui reperti archeologici della necropoli ospitata nei locali della cantina rocca di Frassinello, disegnata da Renzo Piano.
La mostra prende spunto da una narrazione incentrata in particolare sull’uso del vino in età etrusca con l’allestimento dell’architetto Italo Rota, creatore del Padiglione del vino all’Expo. La mostra aperta ai visitatori consente l’esperienza di degustazione del vino come lo bevevano gli etruschi.
Il progetto incentrato su una vera e propria riscoperta della necropoli etrusca di San Germano, una delle più importanti realtà archeologiche del comprensorio dell’antica città etrusca di Vetulonia, nasce dalla collaborazione fra la Soprintendenza Archeologia della Toscana, l’insegnamento di Etruscologia e Antichità italiche dell’Università degli Studi di Firenze e Paolo Panerai che ormai da tempo ha fatto della Rocca di Frassinello un polo di aggregazione di arte e cultura sotto il segno del vino, e con il patrocinio del Comune di Gavorrano.
La necropoli etrusca di San Germano, estesa su entrambi i versanti della valle del Sovata, importante via di collegamento nel territorio dell’antica città etrusca di Vetulonia, è composta da tombe a tumulo. Nell’area archeologica di Rocca di Frassinello si concentrano i tumuli meglio conosciuti della necropoli, costruiti tra la seconda metà del VII secolo a.C. e la prima metà del VI secolo a.C.: 3 tombe monumentali sono state recuperate e restaurate creando un percorso di visita per il pubblico.
La mostra dei reperti curata da Biancamaria Aranguren e Luca Cappuccini espone molti oggetti provenienti dalle tombe dell’Area archeologica Rocca di Frassinello. Le tombe, già violate in antico, hanno comunque restituito alcuni oggetti dei corredi che accompagnavano il defunto nell’oltretomba. Si tratta per lo più di vasi in ceramica fine dipinta (etrusco-corinzia) e in bucchero, unguentari di varia forma, utilizzati per la conservazione di oli profumati per il corpo, e calici e coppe per il consumo del vino. Restano inoltre alcuni rari ornamenti personali, quali fibule e orecchini, spesso realizzati in bronzo ma anche in metallo prezioso.
Il tumulo 9 e lo stamnos. Contiguo all’area archeologica di Rocca di Frassinello, nei terreni di Poggio all’Olivo, la Soprintendenza Archeologia della Toscana in collaborazione con l’insegnamento di Etruscologia dell’Università di Firenze ha indagato un altro grande tumulo della necropoli di San Germano che presenta una struttura più complessa rispetto agli altri trovando paralleli nei grandi tumuli principeschi di Vetulonia. Depredata già in epoca antica, la tomba ha comunque restituito molti reperti che testimoniano l’utilizzo prolungato di questo sepolcro dalla fine del VII al III secolo a.C. e testimonianze della passione degli etruschi per il vino.
L’alto rango dei proprietari della tomba è sottolineato dalla presenza di due asce in ferro, di alcuni elementi di un currus(carro da guerra equiparabile alla biga), di rari vasi in alabastro di produzione egiziana, nonché da ceramiche importate dal Mediterraneo orientale e dalla Grecia.
Lo stamnos, cioè il grande vaso recuperato in frammenti nella cella nord del tumulo e sottoposto a un delicato restauro, venne realizzato e dipinto ad Atene intorno al 480 a.C. Il suo utilizzo come contenitore per il vino è ribadito dal corteo dionisiaco che lo decora, vero e proprio inno a questa preziosa bevanda.
L’idea di Italo Rota di estrarre i personaggi del vaso, facendoli uscire dalla bidimensionalità del loro originario supporto, ricreando vesti e ornamenti dei protagonisti del corteo dionisiaco ha permesso grazie alla tecnologia 3D di far emergere i volumi e i movimenti dei personaggi inseriti nel vincolo del percorso circolare rappresentato dallo stamnos.
Traendo ispirazione dalla decorazione dello stamnos si snoda poi un breve racconto sul vino che già in epoca etrusca costituiva uno status symbol: membri di un’aristocrazia locale gli Etruschi dell’area archeologica di Rocca di Frassinello imitano il ceto principesco cittadino, dedicandosi al piacere della tavola e del bere.
Il consumo del vino avveniva principalmente in occasioni sociali e si svolgeva secondo precise ritualità. Prima dell’arrivo della moda greca, che prevedeva l’utilizzo di un grande vaso per la diluizione del vino con l’acqua e la mescita all’interno di grandi coppe (le kylikes), a Vetulonia si utilizzano vasi tipici della tradizione locale.
Ciò è testimoniato, ad esempio dai vasi rinvenuti nella tomba a fossa del tumulo V della necropoli di Santa Teresa, località posta a pochi chilometri da San Germano; databile al 630 a.C., il kantharosmonumentale era probabilmente utilizzato per contenere il vino che veniva poi attinto e bevuto tramite le ciotole ritrovate intorno al grande vaso.
A Rocca di Frassinello alla fine del percorso della mostra verrà proposta l’esperienza di degustare vino da vasi la cui foggia riproduce quella delle ciotole etrusche.
“La collaborazione fra Rocca di Frassinello, la Soprintendenza archeologica della Toscana e l’università di Firenze ha consentito di rendere visibile una fetta importante della storia degli etruschi e del loro rapporto con il vino” ha dichiarato Paolo Panerai, presidente di Rocca di Frassinello. “Viene così confermato che nell’area delle nostre cantine il vino era coltivato e amato già 3 mila anni fa. La collaborazione ha consentito a Rocca di Frassinello di essere luogo di arte legata al vino non più solo per l’arte contemporanea, con la performance di David Lachapelle, ma anche dell’arte più antica che illustra la cultura dei nostri antenati.”
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