Anche questa settimana la nostra rubrica Capo Nord ci porta a Parigi, dove Giulio Gasperini ci prende per mano per accompagnarci in questo viaggio alla scoperta dei vicoli segreti della città.
Letterature.
Infiniti sono i luoghi di Parigi dove ti imbatti nella letteratura, nella musica, nella grande arte. Come la Chiesa di Saint-Sulpice, a Saint-Germain des Prés, una chiesa enorme e crudelmente vuota, dalla storia travagliata, con due splendidi e insoliti ma ormai corrotti affreschi di Delacroix: qui è ambientata la scena in cui Manon, nell’opera di Massenet, va a cercare l’amato Cavaliere Des Grieux, nel frattempo entrato in seminario, per cercare di riconquistarlo, con quella magnifica aria da soprano leggero: “Écoute-moi! Rappelle-toi! Ascoltami! Ricordati! N’est-ce plus ma main que cette main presse? Non è più la mia mano che questa mano stringe? N’est-ce plus ma voix? Non è più la mia voce? N’est-elle pour toi plus une caresse, tout comme autrefois? Per te non è più una carezza, proprio come un tempo? N’est-ce plus Manon? Non è più Manon?”. O come l’intero cimitero di Père Lachaise, immerso nel verde di alberi che creano un parco, dove ti occorre una guida, in ordine alfabetico, per individuare tutti i sepolti e seppelliti. Tanto che passeggiando senti un signore parigino che apostrofa uno sbadato turista, non ignaro ma noncurante di dove si trovi, perché non si può semplicemente passeggiare per Père Lachaise. Serve una cartina – continua ad apostrofarlo il signore parigino – perché qua ci sono seppellite personalità importanti, i rappresentanti più degni di ogni arte. Si devono tributare degli omaggi! Quasi all’ingresso, quello principale su Boulevard de Ménilmontant, c’è Alfred de Musset, che chiese (e la lapide ricorda quei versi) di avere un salice a far ombra alla sua sepoltura (“Mes chers amis quand je mourrai plantez un saule au cimetière. J’aime son feuillage éploré la pâleur m’en est douce et chère et son ombre sera légère à la terre où je dormirai“) e proprio di fronte il compositore Auber, ormai quasi sconosciuto ma che per primo riuscì a musicare lo scoppio di una risata (« C’est l’histoire amoureuse » detta « L’éclat de rire » dalla « Manon Lescaut »); accanto a de Musset c’è Rossini, mentre Bellini è accanto a Cherubini, che compose la “Medea” e che nulla aveva da invidiare ai precedenti. Un po’ separato, ma vicino al pittore Pisarro, c’è un tempietto grande, che si distingue dalle tombe a terra dei dintorni: celebra e dà ultima protezione all’amore di Abelardo ed Eloisa, adesso uniti per sempre.
Apollinaire è all’angolo opposto del cimitero, con un suo calligramma inciso sulla pietra; poco lontana una delle tombe più ricercate, quella di Proust, con una rosa posata distratta sulla lapide e una signora che se ne prende cura e che ti dice “Ce tombeau est très recherché!”, come quasi non si spiegasse tutto l’interesse che catalizza. Affiancate, le due tombe di due grandi della letteratura francese, La Fontaine e Molière, mentre Oscar Wilde riposa all’estremità opposta dell’entrata, in una grande tomba che oggi è protetta da muri alti di plexiglass, per evitare troppo invasivi messaggi di estimatori. La tomba della grandissima Sarah Bernhardt è invece persa, distratta, in un labirinto di pietre, muschi e piante di caffè, e ci puoi passare davanti senza rendertene conto; così come per la tomba di Amedeo Modigliani, nel settore 96 che raccoglie le sepolture ebraiche. C’è anche Chopin, anche lui, come Alfred de Musset, amante di George Sand: ma qua c’è solo il corpo, perché il cuore, secondo il suo stesso volere, fu rimpatriato in Polonia, a Varsavia, e oggi conservato in una colonna della chiesa di Santa Croce. È un’impresa ancora più complessa trovare Maria Callas, dentro l’ossario interrato, sotto al colombario e al forno crematorio la cui ciminiera ancora oggi svetta tra gli alberi del cimitero. La Diva è chiusa dietro una pietra piccola piccola, nell’oscura voragine di scale e corridoi vuoti di luce e di persone. Serve tempo e pazienza e alla fine, lì di fronte alla celletta 16.258, ti stupisci nel pensare che quel loculo possa contenere le ceneri di una donna che rimarrà eterna per la sua voce e la sua genialità interpretativa (oltreché per il gossip: ma quello è per menti decisamente più grette). Quasi affiancati Honoré de Balzac, con il suo svettante mezzobusto, e il pittore Delacroix, con un’imponente tomba nera e il nome a lettere dorate. E poi ancora decine e decine di nomi che si susseguono in rigoroso ordine alfabetico sulla cartina acquistata all’ingresso, grande quasi come quella del metrò. Il Cimitero di Père Lachaise però non è passeggiata per necrofili o amanti dell’horror. Non è voyeurismo grottesco o passione funeraria. Père Lachaise è testimonianza ancora pulsante di quello che non dovremmo mai dimenticare. Ed è per questo che cerchi di fare una visita a tutti, nonostante sulla mappa siano segnati centinaia di personaggi. Passi, ovviamente, davanti alla tomba di Jim Morrison, che non solo è recintata ma addirittura sommersa di fiori; e invece non ne trovi nessuno dalla Callas, non vedi nessuno da Colette, nessuno si accorge della tomba della Piaf (sepolta assieme all’ultimo grande amore, Théo Sarapo, e alla figlia Marcelle Dupont), e capisci che anche questo è sentore che qualcosa proprio non va.
Continua…