FOLLONICA – Appuntamento elettorale a Follonica per Giovanni Lamioni, l’imprenditore grossetano candidato presidente della Regione della lista “Passione per la Toscana”, nata dal patto tra liste civiche e Ncd e Udc.
Lamioni è tornato ad incontrare la gente e a presentare il suo “progetto” che, come ribadito a chiare lettere, “non finirà dopo il 31 maggio”.
“Dobbiamo mettere al centro la Toscana ‘del fare’, del ceto medio che si è ridotto ad un misero 30 per cento dell’intera popolazione, dicendo basta a questa logica oppressiva ed ideologica della sinistra. Credo che anche il centrodestra abbia sbagliato fino ad oggi, se non proprio tradendo, sicuramente lasciando per strada i tanti elettori che volevano un’alternativa che non si è mai vista. Di fronte alla necessità di una svolta, abbiamo assistito più che altro a battute e polemiche che ben poco hanno, per così dire, disturbato il ‘manovratore’. Per questo mi sono convinto che restare con le mani in mano non è giusto, che non ci sono aziende che vanno bene in società che vanno male e il mio primo dovere è diventato costruire, dal basso, una proposta vera e libera, coerente con tutta la mia storia professionale e civile”.
Questo appuntamento di Follonica è stato per Lamioni il secondo nell’arco di pochi giorni, trascorsi in giro per la Toscana. Venerdì scorso all’Eden Park ha incontrato oltre cinquanta imprenditori del settore turistico, tra albergatori ed operatori degli stabilimenti balneari. “Il turismo è il nostro petrolio – ha ribadito Lamioni – Abbiamo un patrimonio incredibile che è stato mortificato dalla Regione in tutti questi anni da strategie del tutto sbagliate, portate avanti da un carrozzone come Toscana Promozione. Dobbiamo puntare sulla valorizzazione dei nostri singoli territori, perché il solo brand Toscana annacqua tutte le nostre specificità”.
Vicinanza ha poi espresso ai balneari alle prese con la “mannaia” della Bolkestein. “E’ inaccettabile. E’ assurdo pensare che le istituzioni, ed in primis la Regione – ha spiegato il candidato presidente – non abbiano fatto un vero fronte comune per dire un secco No alle aste. Eppure in altri Paesi, come Spagna o Portogallo, le concessioni sono state prorogate di minimo 30 anni. Significa che le soluzioni, se si vuole, si trovano. Qui invece succede che gli imprenditori sono abbandonati al loro destino”.