GROSSETO – “Una strana e oscura manovra è quella che si sta perpetrando a danno di tutti gli allevatori”. Antonfrancesco Vivarelli Colonna, presidente di Confagricoltura Grosseto interviene su un decreto varato dal Ministero delle politiche agricole che penalizzerebbe il settore allevatoriale. “In pratica – spiega il presidente – si è voluto restringere il premio dell’aiuto disaccoppiato che, secondo la normativa europea sulla Pac vale per i settori, tra cui quello del latte, a cui è riconosciuto un grande rilievo economico per il Paese, che sono in situazione di difficoltà per varie ragioni, sia congiunturali sia strutturali e che mettono a rischio il mantenimento dei livelli di produzione.”
Un premio che dunque sarebbe dovuto valere per tutti gli allevatori da latte e non solo per un gruppo ristretto di essi che, guarda caso, fa capo al sistema dell’Associazione Italiana Allevatori. “Il nostro Paese – prosegue – ha dunque voluto restringere il premio destinandolo solo a una categoria di allevatori, contraddicendo palesemente le norme europee che non fanno distinzione tra allevatori ossia tra chi possiede o meno una stalla con animali iscritti. Come Confagricoltura il presidente nazionale, Mario Guidi e diverse aziende allevatoriali, tra cui alcune del grossetano, hanno presentato un ricorso cumulativo al Tar di Roma, contro il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e l’AIA, per annullare il decreto nella parte in cui limita i premi per il settore latte ai soli capi appartenenti ad allevamenti iscritti, nell’anno di riferimento della domanda, nei libri genealogici o nel registro anagrafico delle razze bovine ed iscritti ai controlli funzionali latte, come pure di cassare il successivo decreto 1922 del 20 marzo concernente ulteriori disposizioni relative alla semplificazione della gestione della Pac 2014 – 2020.”
Secondo Confagricoltura il Ministero avrebbe dunque virato verso un criterio per attribuire i premi secondo una modalità che non corrisponde in alcun modo all’obiettivo del sostegno ai livelli produttivi e si rivelerebbe invece illegittimamente discriminatoria e irragionevolmente lesiva della concorrenza nel settore, oltre che della libertà imprenditoriale degli allevatori. Criteri discriminatori perché l’iscrizione nei libri genealogici o nei registri anagrafici sarebbe riservata alle vacche di razza pura, escludendo dunque a priori ed indipendentemente dalla produttività, tutti i capi “meticci” nati dall’utilizzazione di tecniche di incrocio sempre più utilizzate dagli allevatori italiani, come è pure illegittima la normativa italiana che riserva il monopolio di queste funzioni, ed in particolare dei controlli funzionali del latte e della tenuta dei registri anagrafici delle specie autoctone, ad una sola associazione di allevatori, l’AIA, escludendo tutte le altre.
“Tutto questo – conclude Vivarelli Colonna – determina una grave lesione della concorrenza, irragionevole e priva di giustificazione sulla base delle norme comunitarie che regolano l’assegnazione di tali misure indipendentemente dalla adesione o meno ad una associazione o l’iscrizione a un libro genealogico.”