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di Daniele Reali
GROSSETO – Le note di Bella Ciao e dell’Inno di Mameli, le corone di alloro ai monumenti al partigiano, ai deportati, ai caduti per la patria, gli striscioni e le bandiere, gli onori del Prefetto di Grosseto Anna Maria Manzone e la presenza insieme a tanti grossetani dei sindaci e dei gonfaloni dei comuni della provincia. I partigiani, quelli rimasti, le vessilli dell’Anpi e dei combattenti, le bandiere rosse e quelle tricolori. Una festa di popolo, una festa per l’Italia libera.
Così Grosseto ha vissuto il suo 25 aprile, una “Liberazione” che unisce idealmente tante generazioni: dagli anziani che vissero la barbarie del nazifascismo e la stagione della resistenza, ai giovani studenti, in piazza, anche loro, per riprendersi un futuro che gli appartiene.
Quest’anno le celebrazioni per il 70esimo anniversario hanno visto come protagonisti proprio gli studenti maremmani. Sono loro che pochi giorni fa hanno inaugurato all’istituto Bianciardi un murales dedicato alla Liberazione. E stamani nel momento più partecipato delle celebrazioni, in piazza Dante, Nello Bracalari, storico presidente dei partigiani della provincia di Grosseto, ha elogiato questi ragazzi grossetani passando simbolicamente il testimone della Liberazione a Sara, la studentessa grossetana che ha portato il saluto di tutti i ragazzi della città.
Poi l’intervento del sindaco e presidente della provincia di Grosseto Emilio Bonifazi. Ecco
Carissimi,
voglio cominciare questo mio breve intervento per la ricorrenza del 70°Anniversario della Liberazione con le parole che Piero Calamandrei grande giurista e uno dei Padri della Costituzione, rivolgeva agli studenti milanesi nel 1955 spiegando a questi il valore della nostra Carta, perché credo che nella loro modernità sia racchiuso il senso di queste celebrazioni.
Calamandrei diceva “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati . Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione”.
Ho pensato a queste parole perché sono state pronunciate da un protagonista di quei fatti ad una platea di giovani studenti a dieci anni dalla fine della guerra, perché esprimono concetti che ho sempre sentito ripetere in famiglia, e perché sono convinto che la Costituzione fu figlia di dolorose vicende che portarono infine ad una pacificazione nazionale poiché prevalsero i valori più profondi del nostro popolo, valori per lunghi anni smarriti.
Quella Carta ha consentito di tenere ferma la barra nonostante le grandi trasformazioni istituzionali e sociali verificatesi in tutti questi anni, preservando l’equilibrio fra i poteri, garantendo la libertà di tutti e la convivenza civile del nostro Paese.
Dalla Resistenza nacque quel dialogo politico, quel grande compromesso fra le forze vive della nazione che elaborarono quella sintesi straordinaria che ancora oggi garantisce a noi tutti gli equilibri di uno Stato di diritto, di uno Stato democratico.
Non dobbiamo mai smettere di ricordare che il nostro vivere quotidiano da settant’anni a questa parte, le prospettive di pace e di libertà che garantiscono ai nostri figli un futuro, sono tali grazie al sacrificio di quanti morirono nei campi di prigionia, nelle montagne, anche nelle strade d’Italia. Di quanti, proprio dentro e attorno a questo luogo, furono catapultati da un giorno all’altro nell’inferno dei lager o persero la vita “per un si o per un no”.
Ed è anche per questo che celebrare il 25 aprile dopo 70 anni, assume per tutti noi un valore ancor più intenso.
Dopo la Liberazione dal nazifascismo che ridusse il nostro Paese in ginocchio scrivendo pagine, come quella della persecuzione razziale, che pesano, spaventosamente, come macigni sulla storia italiana si aprì quasi un “secondo risorgimento” per gli italiani di quegli anni.
L’Italia di oggi è figlia di quegli eventi che hanno contribuito a costruire i nostri valori ancora oggi vivi e vitali, è figlia di quelle lacerazioni che hanno segnato il nostro vivere. Un passato pacificato, dove i segni della storia sono chiari e incontrovertibili, e sul quale non può considerarsi altra lettura che quella dei fatti, dei documenti, della memoria condivisa, delle testimonianze delle tante persone che hanno raccontato quel che allora successe. Una scrittura che non può tollerare alcuna speculazione politica o, peggio, alcuna falsificazione.
Le celebrazioni del 25 aprile sono occasione per meditare, tutti insieme, sui valori fondanti della nostra Patria, sugli ideali condivisi da tutto il nostro popolo riconciliato con se stesso nel nome della Libertà. Di quella Libertà scritta maiuscola perché costituisce un valore fondante del nostro vivere civile.
Siano i giovani, i custodi di quella Costituzione e dei suoi pilastri, perché sia mai dato per scontato che la libertà, la tolleranza, il rispetto della persona umana, i diritti e soprattutto i doveri, siano traguardi oramai pacificamente raggiunti, conquiste inviolabili.
È questo l’insegnamento che ogni anno ci impone la Resistenza ed è per questo che dobbiamo continuare a dire: Viva il 25 aprile, Viva la Repubblica, Viva l’Italia libera e unita.
A precedere la manifestazione anche la ciclopedalata organizzata dalla Uisp in occasione di questo 70esimo anniversario.
(cliccare sulle foto e poi, per ingrandire, cliccare una seconda volta)
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