GROSSETO – «Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti nel nostro territorio sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta». E’ quanto emerge dal dossier “L’attacco alle stalle italiane” presentato dalla Coldiretti in occasione della mungitura in piazza a Firenze.
Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di latte equivalente tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate, polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.
«Complessivamente in Italia – sottolinea il direttore della Coldiretti di Grosseto Andrea Renna – sono arrivati 8,6 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) che vengono utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta”. Ad essere spacciato come italiano è il latte proveniente in cisterne soprattutto da Germania, Francia, Austria, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Olanda. In particolare si assiste ad un sostanziale aumento dell’import dei Paesi dell’Est ( +18% Ungheria, + 14% Slovacchia, + 60% Polonia) e una diminuzione di quello importato dai Paesi dell’Ovest (-7% dalla Germania e -13% dalla Francia), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi dieci mesi del 2014. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta perché non è ancora obbligatoria l’indicazione di origine, oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco. Ma sul mercato europeo ed anche in Italia sono arrivati anche i similgrana di bassa qualità spesso venduti con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. Una concorrenza sleale».
“ì«In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali, con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti»ı, ha affermato il presidente della Coldiretti di Grosseto Francesco Viaggi.