GROSSETO – «Apprendiamo con piacere dalla stampa due notizie positive. La presa di posizione del presidente Amato sull’Autostrada Tirrenica. E la posizione del presidente della Provincia sulla gestione dell’Ombrone» Questo l’intervento di Michele Scola presidente della sezione di Grosseto di Italia Nostra.
«Si adegui finalmente l’Aurelia, la si metta in sicurezza, si eliminino gli incroci a raso, si porti a quattro corsie l’intero tratto maremmano, la strada resti pubblica e non se ne parli più. Si trovi un accordo su questo punto, tra amministrazioni, associazioni, comitati e cittadini, e si metta all’angolo ogni ulteriore presa di posizione, che non farebbe altro che condannarci ad altri 30 anni di rischi su una strada che diviene ogni giorno più pericolosa – puntualizza Scola -».
«Ci fa poi piacere apprendere che il presidente della Provincia abbia preso una chiara e netta posizione sulle problematiche di gestione dell’Ombrone. Concordiamo sul fatto che sia necessaria una visione unitaria, e non una miriade di interventi scoordinati, come si è fatto fino ad ora, e come si continua a fare negli altri corsi d’acqua. Incidere su un tratto d’alveo, infatti, crea effetti imprevedibili sia a monte che a valle. Questo modello sconsiderato di gestione, che ha distrutto i più bei corsi d’acqua della Maremma, è culminato nei tragici eventi del 2012 e del 2014. Proprio il torrente Elsa, maggiore affluente dell’Albegna, come abbiamo più volte segnalato, è stato oggetto di tanti piccoli interventi, ognuno dei quali non è stato assoggettato, per l’esiguità, alla verifica del rischio idraulico. Peccato che la somma di questi interventi abbia distrutto quasi 30 km contigui di alveo e di boschi ripari».
«Aggiungiamo che le esondazioni graduali e laminate servono a ricaricare la falda, e a rendere meno critica la siccità estiva. Proprio per questo, gli agricoltori devono poter sopportare l’inondazione periodica dei campi, che giova a tutta la comunità, e ricevere un equo indennizzo per il servizio ecologico offerto dal suolo. Se è vero che una parte importante del paesaggio maremmano è segnata dalla bonifica, è anche vero che la sua storia culturale è legata alle paludi – continua Italia Nostra -. Senza voler ritornare al passato, ci dobbiamo tuttavia interrogare sull’opportunità di “cedere” terreno all’acqua, nei territori che naturalmente si prestano a questa evoluzione. I laghetti collinari sono importanti, ma il miglior serbatoio è la capacità idrica del suolo».
«Gli agricoltori vedrebbero aumentare la qualità dei loro prodotti, poiché l’aumento di biodiversità ridurrebbe il ricorso a pesticidi e fitofarmaci. Tornerebbero a gioire cacciatori e pescatori, che vedrebbero incrementare gli habitat per pesci e selvaggina, favorendo coloro che badano più al contatto con la natura che al carniere. Ma sarebbe soprattutto un primo tassello per riconvertire la Maremma ad un’agricoltura sistemica, di alta qualità, facendola uscire dal nefasto paradigma industriale che le è stato fino ad ora cucito addosso dalle istituzioni locali e dalle associazioni degli agricoltori. Ci chiediamo a questo punto che posizione prenderà il presidente del Consorzio di Bonifica, che continua a difendere interventi che, non solo a nostro avviso – conclude Scola -, aumenterebbero a dismisura la fragilità idrologica del territorio».