GROSSETO – “Ogni anno, il 27 gennaio, celebriamo la “Giornata della Memoria”, non per dovere o per forma ma perché sentiamo forte la necessità di non dimenticare; di non scordare fino a che punto l’essere umano è stato capace di sprofondare e di umiliarsi”. Inizia così la lettera del sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi per il Giorno della Memoria.
“Ogni anno siamo impegnati purtroppo a prendere atto di quanto le tragiche conseguenze della follia nazista di Auschwitz sembrino ancora incapaci di farci comprendere a pieno quanto quel fondo che spesso l’umanità ha toccato faccia parte di noi esseri umani e non sia mai stato frutto del caso o del contesto. Sembrerebbe un’ovvietà ma basta guardarsi intorno per rendersi conto che ancora una volta le parole sono una cosa e i fatti un’altra. Non ci sono infatti giustificazioni al male, alle prevaricazioni e alle imposizioni”.
“Ma nemmeno giustificazioni e scuse per chi critica una parte e predica la violenza come risposta. Non ci sono nemmeno per chi ancora oggi cerca un pretesto, un capro espiatorio e accusa di nefandezze sempre e solo gli altri. Viviamo ogni giorno queste contraddizioni; le viviamo di fronte a chi continua a dividere il mondo in razze e religioni, in chi predica tolleranza non come principio bensì come opzione da prendere in considerazione solo in caso di reciprocità di comportamenti. E’ persino inutile ricordare che la criminale minaccia dell’integralismo non è certo figlia dell’Islam in quanto tale ma di una fazione fanatica e criminale che lo interpreta a suo modo. Come lo sono sempre state tutte quelle protagoniste delle persecuzioni del ventesimo secolo”.
“Eppure continua questa stupida rincorsa a sposare la teoria dello scontro di civiltà, uno tra gli ossimori più assurdi che l’uomo abbia saputo costruire. Terroristi che nella realtà sono privi di qualunque vera fede, o guerriglieri che rapiscono bambini sembrano lontani anni luce dai nostri valori occidentali e avanzati. Ma se è così e, soprattutto, se vogliamo che continui ad esserlo, dobbiamo affrontare la sfida del terrore partendo dalla capacità di non mettere in discussione i cardini della nostra conivivenza; la libertà, la democrazia, il rispetto della vita umana. Principi non negoziabili, né condizionabili. Chi lucra sulla morte predicando vendetta rappresenta la più evidente delle vittorie da parte di quel terrore che diciamo di combattere”.
“Oggi siamo chiamati ad una prova di maturità che consiste nel saper trarre nuovamente degli insegnamenti dal passato; imparando a distinguere invece che a generalizzare, a capire le ragioni sociali, economiche e culturali di tutti i fenomeni senza per questo usarli come giustificazione. Dobbiamo lavorare per garantire sicurezza a noi e ai nostri figli sapendo che la limitazione delle libertà e del confronto con le diversità sarebbe la nostra sconfitta; se gli orrori del XX secolo ci hanno insegnato qualcosa, è proprio questo. Ancora una volta è fondamentale rendersi conto che l’ignoranza e la passività di fronte al luogo comune, alla risposta più facile e allo stereotipo sono storicamente i peggiori nemici dell’umanità, di qualunque colore sia la nostra pelle, qualunque sia la nostra fede religiosa”.