SCARLINO – «Sentenza ingiusta e errata perché i giudici hanno dato più valore alle infondate teorie dei Comitati piuttosto che agli studi scientifici dei enti pubblici deputati ai controlli e alle verifiche di legge». A parlare Moreno Periccioli, presidente di Scarlino Energia che commenta così la sentenza che ha imposto lo stop all’inceneritore di Scarlino.
Parla invece di «scelta immotivata e grave della magistratura, che lede alla radice lo stato di diritto introducendo nella giurisprudenza un principio incomprensibile che genera una grande preoccupazione sulla possibilità di fare investimenti in Toscana ed in Italia». Alfredo De Girolamo, presidente di Confservizi Cispel Toscana, l’associazione regionale delle imprese di servizio pubblico che operano nel territorio toscano e che gestiscono servizi a rilevanza economica.
«La Sentenza stabilisce il principio, inaccettabile in uno stato di diritto – spiega De Girolamo – che un’attività economica possa essere chiusa anche se rispetta tutte le normative esistenti, ma solo in ragione di una generica preoccupazione sullo stato di salute della popolazione, senza nessuna dimostrazione che gli effetti sanitari dipendano da quella attività. La stessa sentenza infatti ammette che i dati sanitari riportati peraltro da una perizia di parte ‘pur non avendo acquisito un rilievo oggettivo sulla base di disposizioni di legge’ hanno comunque un rilievo sotto il profilo procedimentale. Si tratta di una novità giurisprudenziale di una gravità assoluta, che getta un’ombra, se non corretta, sulla possibilità di considerare l’Italia un paese in cui si può fare impresa rispettando le leggi ed ottenendo autorizzazioni legittime».
«La normativa italiana non prevedeva e non prevede che in sede di rilascio di un’autorizzazione per un impianto di gestione dei rifiuti si proceda ad analisi di tipi sanitario. La Sentenza quindi introduce di fatto una nuova procedura per il rilascio di autorizzazioni, non prevista dalla legge, con effetto retroattivo – prosegue la nota di Scarlino Energia-. Una decisione assunta da un tribunale amministrativo, che opera senza possibilità di contraddittorio e che ha di fatto utilizzato esclusivamente la documentazione tecnica di parte del ricorrente, senza valutare i dati e le informazioni prodotte da Scarlino Energia e dalla Provincia di Grosseto».
La chiusura dell’impianto genera una «Probabile cassa integrazione per circa 60 dipendenti, altri 60 dell’indotto senza una prospettiva, l’avvio della procedura di concordato per un’impresa importante del territorio, il congelamento di investimenti ingenti fatti negli ultimi anni e un effetto di aggravio dei costi per la gestione dei rifiuti urbani nell’Ato Sud».
«La storia quasi ventennale di questo impianto – prosegue Periccoli – racconta le enormi difficoltà di che cosa significa per un’azienda lavorare senza le necessarie garanzie conferite dalla certezza delle regole. Per questo faremo ricorso in Cassazione contro un provvedimento che si è pronunciato su profili riservati alla competenza del Tribunale Superiore delle Acque, al quale la legge riserva la cognizione delle controversie concernenti il regime delle acque, travalicando anche le valutazioni di merito sulla tutela della salute dei cittadini riservate all’Usl e all’Arpat. Oltre a essere previsto da tutte le normative, europee, nazionali e regionali, il nostro impianto ha sempre operato nel rispetto della normativa dimostrando di essere utile alla Toscana e a tutto al territorio per la chiusura del ciclo dei rifiuti».
«Invito urgentemente la Regione, da poche settimane titolare della funzione di autorizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti in Toscana a seguito della recente modifica della legge regionale – conlude De Girolamo -, ad attivare ogni iniziativa possibile sul piano formale e sostanziale per garantire la rapida riapertura dell’impianto».