a cura di Giulia Carri
BOSTON, USA – Silvia Bottinelli, 38 anni di Grosseto, 7 anni fa decide di lasciare l’Italia per trasferirsi con la famiglia a Boston in America, dove è docente universitaria in Storia dell’Arte.
Come sei arrivata negli USA?
“Nel 2007, durante il mio terzo anno di dottorato in Storia dell’Arte Contemporanea a Pisa, desideravo fare un’esperienza di ricerca in un’ università americana ed ho deciso di andare come visiting scholar per un anno alla Tufts University di Boston.”
Come mai sei rimasta?
“Durante l’anno di ricerca per il dottorato, oltre ad insegnare all’Università, ho frequentato e tenuto varie conferenze. Questo mi ha aiutata ad inserirmi nel contesto accademico ed a farmi conoscere da varie istituzioni, e alla fine di quell’anno la direttrice del dipartimento di Storia Dell’ Arte dell’ Università di Tufts mi ha offerto una docenza a contratto. Così sono rimasta a Boston.”
Sapevi che saresti rimasta per lungo tempo?
“Sì. Mi sono trasferita con mio marito e la nostra prima figlia che allora aveva 2 anni e mezzo. Non potevamo tentare, partire significava rimanere e sviluppare le nostre carriere. Ho lavorato come professore a contratto in diverse università di Boston per un anno e mezzo, facendo così esperienza in varie realtà nel sistema universitario. Poi nel 2010 ho vinto un concorso e da allora sono diventata docente di ruolo alla Tufts University.”
Come ti trovi da un punto di vista professionale?
“Fin dall’inizio è stato intenso e molto stimolante. Entrare in un nuovo mondo accademico con una diversa metodologia e altri riferimenti non è stato semplice, una vera e propria transizione tra due schemi di pensiero, che poi si è rivelata fondamentale per la mia crescita sia come docente che come storica dell’arte. Inoltre nel 2014 c’è stato un cambio istituzionale e il nostro dipartimento si è trasferito nella School of the Museum of Fine Arts di Boston. Questo cambio è per me molto interessante. Lavoro insieme ad importanti artisti contemporanei ad un passo da uno dei musei più importanti del mondo, che mi offre opportunità didattiche e professionali stimolanti. ”
E la tua vita sociale?
“Nonostante Boston sia una città internazionale, cosmopolita e ricca di culture, le persone sono caute nel condividere la loro vita privata. Fare amicizie è difficile e richiede molto più tempo che in Italia, ma alla fine le persone con cui riesci a costruire rapporti profondi, diventano leali compagne di vita. Inoltre, essere genitori ci mette sempre di fronte alla sfida di educare le nostre figlie Giulia e Arianna nel rispetto di entrambe le culture, la nostra italiana e quella americana in cui stanno crescendo; questo spesso evidenzia le grandi differenze tra i nostri paesi ma ci stimola a trovare soluzioni. Le cose sono cambiate in positivo da quando ci siamo trasferiti in una zona meno centrale e mia figlia maggiore ha cominciato a frequentare la scuola elementare pubblica, che è un importante punto di riferimento per le famiglie del quartiere, dove abbiamo conosciuto altri genitori del vicinato con cui stiamo stringendo rapporti belli e genuini.”
Torni spesso in Maremma?
“Riusciamo a tornare in Italia un mese l’anno, d’estate. Dividiamo le vacanze tra la Maremma e Venezia, che è la città natale di mio marito. Per fortuna i nostri genitori ci vengono a trovare spesso, il che attenua la nostalgia, però mi mancano molto mio fratello, mia nuora, la mia nipotina ed i miei amici. Mi manca viverli nella loro quotidianità e la distanza non aiuta.”
Torneresti?
“La nostra vita lavorativa è qua per adesso, ma con mio marito fantastichiamo spesso su un ritorno in Italia una volta in pensione, che per ora è lontana! Vedremo come va.”