di Barbara Farnetani
GROSSETO – Avevano fatto amicizia in una chat privata di incontri, un rapporto virtuale che nel giro di qualche mese era diventato più intimo, lui le aveva inviato dei soldi, 400 euro, per aiutarla, visto che lei era senza lavoro e in difficoltà, forse lui si era anche innamorato di lei, 22 anni, di Padova, e gli sarà sembrato normale che la loro storia andasse oltre, che si passasse a cose più spinte, a fare sesso riprendendosi a vicenda con una web-cam.
Certo deve essere stata una doccia fredda quando lei ha iniziato a ricattarlo, minacciando di mandare i video alla moglie o di pubblicarli su Facebook e Youtube se lui non avesse versato altro denaro. Una estorsione in piena regola quella messa in atto ai danni di un grossetano di 33 anni che alla fine, dopo aver pagato oltre 9 mila euro e vedendo la fame insaziabile di denaro della ragazza ha deciso di confessare tutto alla moglie e insieme a lei denunciare la ragazza alla polizia postale.
Per la polizia è stato facile rintracciare la giovane, che aveva dato le sue vere generalità, e si era fatta pagare con ricariche Postepay e denunciarlo per il reato di estrosione.
«Il problema – afferma il dirigente della Polizia postale Stefano Niccoli – è che di espisodi simili a questo ce ne vengono denunciati o segnalati almeno quattro a settimana, in genere però il tenbtativo di estorsione riguarda ragazze dell’est europeo, con sistemi di pagamento e connessioni che riconducono all’estero e dunque più difficili, se non impossibili, da rintracciare».
Tra i casi di questi ultimi giorni di dicembre un dipendente residente in provincia di Grosseto, costretto a pagare 800 euro perché aveva fatto sesso nelle ore di ufficio, proprio nella sua stanza, terrorizzato che lo scoprisse il suo capo, o un libero professionista che ha versato, in tre rate, 1.600 euro. Ma la tipologia scelta è tra le più varie, si va dallo studente al professionista, probabilmente si tratta di una vera e propria organizzazione, che contatta a pioggia chi frequenta i social network, poi entrano in gioco le ragazze, forse vere e proprie attrici, che riescono a coinvolgere i malcapitati nella conversazione, a indurli a spogliarsi e a masturbarsi in diretta, per riprendere tutto e poi minacciare le vittime di diffondere i video e inviarli a tutti i contatti Facebook del malcapitato e partono le richieste di soldi, dai 200 ai 400 euro a volta.
Il consiglio della Polizia postale è a stare attenti e a non pagare «L’interesse di queste organizzazioni non è quello di rendere pubblici i video, ma quello di farsi consegnare il denaro».