di Barbara Farnetani
GROSSETO – Un serpentone di pullman e auto, che da Grosseto arriverà sino a Siena. Cgil e Uil si preparano allo sciopero generale del 12 dicembre, contro il Jobs act, la legge di stabilità, e le politiche economiche del governo. Ma, come tiene a precisare Claudio Renzetti segretario provinciale della Cgil, «non è uno sciopero ideologico, ma una tappa di un percorso, non una cosa contro qualcuno, ma per ottenere qualcosa».
«Il governo parla di una lotta al precariato ma nel nostro territorio la stagionalità dà da mangiare ad intere famiglie – prosegue la Cgil -. Perché la stagione non è solo i mesi in cui si lavora, ma anche la disoccupazione che ha già avuto una botta con Aspi e mini Aspi della Fornero e ora sta per averne una ulteriore: il governo ha esteso la soglia salariale e l’utilizzo vaucher. Nel 2013 abbiamo avuto l’utilizzo di 53mila vaucher quest’anno sono stati di più. Il rischio è che tutta la stagione 2015 si faccia così il che significa niente contributi né disoccupazione».
«Grazie al jobs act andrà a sparire anche la cassa integrazione in deroga – mette in guardia Renzetti -. Nel 2014 a Grosseto si sono avute 350 mila ore di cassa integrazione, anche perché, nella nostra provincia, ne fanno uso alcune centinaia di piccole aziende artigiane e commerciali. Sono più di mille i dipendenti coinvolti. Questo porterà alla chiusura di tante aziende. Il mercato del lavoro si riforma quando le cose vanno bene, e questo lo dicono gli economisti».
«La facilità di licenziamento e gli sgravi all’assunzione saranno di fatto un incentivo al licenziamento, con l’espulsione dal lavoro, specie negli appalti, dei 55-65enni e l’assunzione di giovani – sottolinea ancora il sindacato -. Così facendo le aziende, al netto dell’indennizzo, registreranno un saldo positivo di 4.392 euro già il primo anno, che salirà a 13.190 euro dopo tre anni. In caso di appalti poi i dipendenti resteranno per tutta la vita a tutele crescenti, con la possibilità di demansionamenti ad ogni cambio di appalto».
«A Grosseto ci sono poco più di 27 mila occupati – ricorda Renzetti -. Di questi 4 mila sono in cassa integrazione guadagni, 1500 in mobilità il 20% dei 27 mila nell’ultimo anno ha lavorato un giorno o meno. L1% dei nuovi avviamenti ha un contratto di un anno l’88% contratti precari. I disoccupati sono 31 mila. Pensare che si possa invertire la tendenza rendendo più facili i licenziamenti e demansionando e spiando non ha senso».
«Per far ripartire l’economia serve un progetto specifico sull’agroalimentare e un turismo diverso da quello delle seconde case – propone la Cgil -. Ma per fare questo servono risorse per le infrastrutture e per un piano energetico che ci renda competitivi. In Italia il 10% degli italiani detiene l’80% della ricchezza. Chi ha di più deve dare di più. Serve una patrimoniale sulle rendite per fare investimenti. Con 10 miliardi si possono creare 740 mila posti lavoro con vincolo idrogeologico e sociale».
«Bisogna fare una revisione del codice degli appalti in chiave europea perché ogni anno ci sono quasi 200 miliardi di euro che vanno alla mafia oltre a quelli persi per la corruzione politica – puntualizza Renzetti -. E invece questo governo ha depenalizzato l’evasione fiscale, portandola da 50 a 200 mila euro. Viene millantato il taglio di 18 miliardi di tasse quando la tabella del Tesoro dice che ci sarà mezzo miliardo in più di tasse. Togliere diritto del reintegro per una persona ingiustamente licenziata è aberrante. Si creerà poi una discriminante tra chi conserva il posto di lavoro e chi sarà dentro con tutele crescenti. Tra persone che fanno la stessa cosa. I figli vengono messi contro i genitori. Ci sarà un abbassamento generalizzato di diritti».
«Questa non è una riforma del lavoro – afferma Gianni Baiocco, segretario provinciale della Uil – ma una controriforma e una modifica che sposta indietro i termini delle questioni e dei diritti. Non è un contratto a tutele crescenti ma a precarietà decrescente. Si avranno contratti a termine per 36 mesi poi tre anni in cui si può essere licenziati. Una precarietà di 6 anni di fatto. Ci saranno persone precarie a vita. Quando succedono queste cose, in genre, si abbassano anche i salari dei lavoratori e aumentano le ineguaglianze. Nei paesi OCSE sono aumentate le ineguaglianze anche in Germania. Questi sono i pericoli che vediamo. Questo non è uno sciopero politico contro il governo. In questa azione del governo però, noi vediamo l’introduzione forte di un neoliberismo che altera l’equilibrio tra capitale e lavoro a favore della parte datoriale. Queste cose sono già state fatte in Spagna lo scorso anno e il paese è in recessione, perché la crescita non la dà il fatto di poter licenziare più facilmente ma maggior soldi in tasca. Ad esempio perché non dare gli 80 euro ai pensionati? Perché non sforare il rapporto deficit pil come ha già fatto la Francia?significherebbe avere 30 miliardi in più da spendere. Spero che su questa strada a breve si possa riavere la Cisl con noi perché avere un sindacato unito è importante».
Non c’è solo il jobs act, am anche la legge di stabilità e la questione delle province che afferma Renzetti, rischia di «portare a centinaia di esuberi e siamo crollati in servizi fondamentali tipo quelli di Protezione civile. 450 milioni di euro di taglio sarebbero 10 mila dipendenti. L’80 per cento del bilancio regionale è rappresentato dalla sanità. È a rischio un modello di una sanità pubblica universale: il rischio è di tornare al sistema delle mutue».
Renzetti si dice fiducioso, la partecipazione alle iniziative del sindacato è crescente: otto gli autobus organizzati dalla Cgil e 2 quelli della Uil, oltre ad un centinaio di auto. Il serpentone di mezzi sarà anche una sorta di prima manifestazione contro l’ipotesi di pedaggio sulla senese «Aspettiamo questa opera da 62 anni, è stata realizzata tutta con soldi pubblici e per gli ultimi due lotti si parla di pedaggio. Dopo i disagi e i lutti che abbiamo dovuto subire in questi anni».